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Energy Engineering - Impianti Industriali e Organizzazione D'impresa
Impianti industriali
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Impianti industriali Impianti industriali 1 L’IMPRESA E L’IMPIANTO INDUSTRIALE Per processo produttivo si intende: l’insieme di attività che si esplicano nella TRASFORMAZIONE di materiali in ingresso in prodotti finiti (beni economici) grazie a scambi di energia che comportano cambiamenti nelle caratteristiche fisiche o chimiche dei materiali stessi . Per impianto industriale si intente: la parte dell’Impresa in cui mediante opportuni mezzi si operano le trasformazioni sui materiali al fine di ottenere beni (merci o servizi) di maggior valore per l’Impresa stessa. L’impianto industriale può quindi essere visto come l’insieme del processo produttivo e di tutti i sottosistemi gestionali che concorrono alla realizzazione delle trasformazioni .Tipologie di impianto industriale All’interno di un impianto industriale si distinguono: -impianti di produzione ( o tecnologici), nei quali vengono compiute le attività di trasformazione vera e propria delle materie prime in prodotto finito (processo produttivo), in cui cioè si realizza il ciclo tecnologico – impianti di servizio (o complementari) che realizzano al loro interno un ciclo compiuto di trattamento di un servizio attraverso una serie di macchinari ed attrezzature ( es. impianto per produrre l’energia necessaria al processo ) Classi ficazione impianti di produzione A.in funzione della natura delle trasformazioni : chimico, tessile, meccanico, siderurgico, elettromeccanico, … B.In funzione delle dimensioni , per le quali le soglie di fferiscono a seconda del settore industriale. Impianti industriali 2Ai fattori produttivi della nuova economia si aggiungono i DATI C.In funzione del livello di integrazione : dipende dal numero di passi del processo di produzione che vengono svolti all’interno di un impianto: un “ impianto integrato ” è un impianto ove vengono e ffettuate la maggior parte delle fasi di trasformazione che devono essere svolte per trasformare una materia prima elementare in un prodotto finito; un impianto è detto non integrato in caso contrario; D.In funzione del fattore produttivo rilevante : – si distinguono: impianti ad alta intensità di capitale ( Capital Intensive ) con forti investimenti in attrezzature e macchinari; impianti ad elevata intensità di lavoro ( Labour Intensive ) con prevalenza di spese legate alla forza lavoro. E.In funzione del diagramma tecnologico del processo : -processi monolinea (lineari) -processi sintetici (convergenti) -processi analitici (divergenti) -processi misti (convergenti/ divergenti) F.In funzione dell’insieme di caratteristiche progettuali e gestionali : – modalità di risposta alla domanda di mercato – caratteristiche del prodotto o modalità di realizzazione del processo -modalità di realizzazione dei volumi produttivi Impianti industriali 3 Classi ficazione impianti di produzione Come si realizza il prodotto? 1.Per processo: continuo; 2.Per parti (discrete); La realizzazione per parti a sua volta si divide in: •Fabbricazione: trasformazione chimica/morfologica irreversibile; •Assemblaggio: trasformazione fisico/morfologico tipicamente reversibile; Come si realizza il volume di produzione? 1.Produzione unitaria: ogni prodotto è unico; 2.Produzione continua: stesso prodotto su tutta la linea; 3.Produzione intermittente [a lotti]: l’impianto cicla su produzioni diverse, ma sequenziate (campagne di lotti di prodotti); Come si risponde alla domanda? 1.Produzione su commessa: ordine del cliente, poi realizzazione. Può essere unica o ripetitiva (catalogo); 2.Produzione per il magazzino: prima avviene la produzione, il cliente trova il prodotto già pronto. Impianti industriali 4 In funzione di quanto il cliente è disposto ad aspettare, lavoro in modo diverso Decoupling point (punto di disaccoppiamento): separa il rischio dell’azienda (push) dalla pazienza del cliente (pull) Impianti industriali 5 Classi ficazione impianti di servizio A.In funzione dell ’entità servita : servizi per i mezzi produttivi degli impianti tecnologici di produzione, servici per le personeB.In funzione del tipo : servizi di alimentazione (tipicamente servizi in cui si distribuisce alle utenze un servizio prodotto da un’unità centrale, es. energia elettrica, vapore) ; servizi di scarico (tipicamente in cui il servizio viene raccolto dalle utenze e convogliato ad un centro di raccolta, es. e #luenti fluidi) C.In base alla funzione svolta : – servizi di produzione e distribuzione dell’energia ( termica, elettrica, fluidi in pressione) – servizi di controllo delle condizioni ambientali di lavoro (condizionamento, ventilazione, illuminazione) – servizi di trasporto e stoccaggio materiali solidi – servizi di trasporto e stoccaggio materiali fluidi – servizi di interazione impianto-ambiente (trattamento e #luenti, trattamento acque industriali) Progettazione di massima project menagement Progettazione di dettaglio Impianti industriali 6 CARATTERISTICHE DEI SISTEMI PRODUTTIVI Ogni asset ha delle performance : -e"icienza : quando bene un’azienda abbia usato le proprie risorse per ottenere un determinato output; rapporto tra le risorse spese e il valore di mercato del prodotto finito (posso misurarlo col valore aggiunto); gli indicatori sono personalizzabili: ogni azienda ha i suoi. -e"icacia : prodotto scalare tra il vettore risultato dell’azienda e il vettore desiderio del cliente. Più l’angolo tra i due è piccolo, più sono e #icace. Tipicamente e #icienza ed e #icacia sono in con flitto tra loro, bisogna trovare un compromesso. E#icienza: 1.Produttività (statica): e #icienza nel caso le condizioni operative siano stabili 2.Flessibilità (dinamica): quanto un impianto è in grado di rispondere a perturbazione. E#icacia: 1.Qualità : quanto bene faccio il prodotto 2.Servizio : come faccio le cose Impianti industriali 7 Produttività Fattori: materiali, capitale, manodopera, energia -> deve esserci un indicatore per ciascuno di questi Flessibilità Le problematiche dell’impianto possono essere: 1.Volume: varia la quantità di prodotto da realizzare 2.Mix: stessa quantità di prodotto ma diverse percentuali tra i vari prodotti 3.Prodotto: stessa quantità totale, ma prodotti in più 4.Piano: devo cambiare sequenza di produzione (è anche di servizio) Impianti industriali 8ABCABC 20% 30% 50% 20% 30% 50% Servizio La prontezza misura il tempo di risposta (load time). Disponibilità : -persistenza nell’indisponibilità (stock out) -entità della disponibilità (stock keeping unit) Assistenza: -pre vendita (es progetto) -post vendita (es manutenzione) Personalizzazione (è diverso dalla con figurabilità del prodotto, che è la combinazione dei modelli) Si tratta del prodotto costume made: non c’è ingegnerizzazione ripetitiva del prodotto. Qualità 1.Ampiezza della gamma 2.Qualità del progetto (o di targa): qualità teorica dichiarata per un progetto/prodotto 3.Conformità in Field : quanto il prodotto sul campo rispetta i dati di qualità di targa 4.Availability : proprietà di un impianto di non guastarsi (sia dal punto di vista del cliente, che da quello produttivo, perché se l’impianto si guasta perdo capitale fisso) 5.Conformità in house (scarti) Impianti industriali 9ABCMIX ABBDPRODOTTO 10% 70% 20% 19% 6% 25% 50% Problema : impianto di produzione giusto Considero solo sistemi produttivi per parti (non per processo) FABBRICAZIONE 1. Job shop (enfasi sulla capacità tecnologica) E' un sistema di fabbricazione realizzato per REPARTI nel quale sono presenti di fferenti macchine. I reparti sono costruiti per AFFINITA’ TECNOLOGICA, il caos è nei prodotti, perché ognuno ha un ciclo di produzione diverso. Caratteristiche -I flussi sono estremamente intrecciati -La manodopera è spesso la risorsa critica (limitata) - I prodotti spendono gran parte del loro tempo in ATTESE o CODE - Ogni prodotto ha un proprio CICLO TECNOLOGICO che prevede il passaggio su alcune macchine -Sono presenti spesso cicli alternativi Pregi -Estrema flessibilità di prodotto e di mix - Disponibilità di macchine generiche e quindi capacità di lavorare un mix potenzialmente infinito di particolari -Specializzazione della manodopera per aree, con controllo e supervisione più e #icace -Possibilità di valutare ed incentivare i singoli operatori; Impianti industriali 10Alto VAL Alta flessibilità Qualità poco costosa -Robustezza ai guasti, grazie ai cicli alternativi -Minor duplicazione di macchinario (investimenti minori) Difetti • Elevato Work In Progress • Elevati tempi di attraversamento • Scarsa saturazione delle macchine • Livello qualitativo poco costante • Necessità di manodopera quali ficata • Elevato consumo di risorse per la movimentazione interna • Di #icoltà nel seguire i flussi dei prodotti • Di #icoltà nella piani ficazione della Produzione • Di #icoltà nel prevedere i colli di bottiglia • Estrema dipendenza delle prestazioni dal mix di prodotti da lavorare 2. Linee transfer di fabbricazione Privilegio le risorse, il punto di partenza è il prodotto Caratteristiche • Classica soluzione in cui vi sono una serie di stazioni attraverso cui avviene la realizzazione del prodotto; • Le stazioni sono disposte in linea (non necessariamente retta) •Le macchine sono dedicate alla fabbricazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti • I ritmi produttivi sono estremamente elevati • La soluzione è e #iciente ma rigida Pregi • Flussi di materiale più lineari e razionali • Minor costo di movimentazione dei materiali • Minor tempo di attraversamento Impianti industriali 11In conclusione: enfasi sulla capacità tecnologica • Minor work-in-process • Sempli ficazione nella gestione della produzione • Maggior e #icienza nell’utilizzo degli spazi • Incentivo per i gruppi ad aumentare la produttività (incentivazione di gruppo) • Personale meno quali ficato (elevata ripetitività) Difetti •Forte dipendenza dai guasti delle macchine •Estrema sensibilità alle modi fiche di prodotto (elevati investimenti, lungo tempo di tempo di avvio nuove produzioni) •Produttività delle linee dipendente dai colli di bottiglia •Esigenza di supervisione generale •Duplicazione delle macchine e maggiori investimenti ASSEMBLAGGIO Impianti industriali 12In conclusione: enfasi sulla capacità produttiva Similmente alla fabbricazione, l’assemblaggio può avvenire secondo le modalità per reparti, in celle, in linee; 1. Assemblaggio a posto fisso Tutte le risorse sono nello stesso posto Componenti -> Assieme, Operatore -> Assieme, Ricomposte; adatto a montaggi di oggetti di grandi dimensioni e peso (macchine utensili, aeroplani...); Pregi • Investimento ridotto in sistemi di movimentazione • Diversi ficazione delle mansioni degli operatori • E #icacia organizzativa (es. motivazione operatori) • Facilità di assegnazione di mansioni di controllo agli operatori • Flessibilità al prodotto (rapidità e basso costo avvio nuove produzioni) • Pieno utilizzo e completo bilanciamento delle stazioni di lavorazione Difetti • Necessità di far con fluire tutti i componenti e tutte le attrezzature alle posizioni di montaggio • Non si presta all’ottenimento di elevati livelli di automazione • Richiede tempi unitari di montaggio elevati, dovuti al basso livello di automazione e all’elevata complessità delle operazioni • Il tempo di ciclo corrisponde con il tempo totale di assemblaggio, perciò per volumi elevati è necessario moltiplicare (parallelizzare) le postazioni di montaggio; • Aumento dei costi e della complessità dei flussi di componenti in caso di parallelizzazione dei posti fissi Impianti industriali 13 • Necessità di operatori ad elevato livello professionale, e quindi elevati tempi di addestramento per avviare nuovi operatori • Di #icoltà di addestramento della manodopera e quindi bassa resa di velocità • Notevole ingombro per aree di stoccaggio e trasferimento delle parti da assemblare 2. Assemblaggio in linea Assieme -> Componenti, Assieme -> Operatore, Parcellizzate; •Data l’elevata parcellizzazione, è adatta per operazioni ripetitive, su oggetti di piccole / medie dimensioni e dove sia conveniente intervenire con elevati investimenti in meccanizzazione / automazione. Pregi • Ridotti tempi ciclo; • Ridotto WIP • E #iciente utilizzo dello spazio; •Ridotto costo di manodopera (minore quali ficazione, maggiori forme di automazione); •Flussi delle parti lineari •Elevata e #icienza dell’assemblaggio (apprendimento). Difetti • Elevati investimenti in capitale fisso • Di #icile bilanciamento dei carichi di lavoro tra diverse stazioni (ed operatori) •Tempo di lavorazione non deterministico , a fronte di cadenze di avanzamento fisse •Lavoro ripetitivo ed alienante •Lungo tempo di avvio nuove produzioni •Flessibilità di mix, di volume, di piano, di gamma molto basse Impianti industriali 14 Problema: all’evolvere del contesto esterno (ciclicità della domanda) Evoluzione del contesto esterno- variazione della domanda: -ciclicità della domanda -cigno nero In tutti i comparti economici, la domanda presenta delle caratteristiche di ciclicità, cui spesso si fa riferimento col termine di "ciclo stagionale". La ciclicità può essere (composta): -nel giorno -nel mese -nell’anno È molto importante in questo caso la flessibilità dell’impianto : bisogna dare più elasticità, più flessibilità di prodotto e più mix. Problema : all’evolvere del contesto (ciclo di vita del prodotto) Prodotto a fine vita -> prodotto costum per dargli un valore. Le caratteristiche che chiedo all’impianto sono diverse da inizio a fine vita Problema: all’evolvere del contesto esterno (evoluzione dei fattori di competizione) Impianti industriali 15 I fattori di competizione possono sono: 1.Fattore varietà 2.Fattore tempo 3.Fattore qualità Negli anni l’importanza relativa delle “s fide” è mutata signi ficativamente: – dal fronte dell’ EFFICIENZA INTERNA ... – ...a quello dell’ EFFICACIA ESTERNA all’Azienda 1.Fattore varietà Celle di produzione : serve un compromesso tra capability e capacity Le macchine ( flessibili) sono disposte per OMEGENEITA’ di PRODOTTI lavorati (FAMIGLIE) • Le celle sono costituite mediante l’applicazione di modelli di GROUP TECHNOLOGY • Non esistono flussi tra cella e cella Impianti industriali 16 Cella: insieme dei macchinari che producono prodotti su #icientemente simili (perché li ho preparati cosi, prima non lo erano) Con figurazione fisica della linea; ma per averla devo cambiare la progettazione Pregi -Lead time più contenuti -Work In Progress ridotto -Razionalizzazione dei flussi produttivi -Orientamento al cliente -Manodopera interfungibile e forme organizzative avanzate -Riduzione dei setup -Miglior utilizzo dello spazio -Maggior saturazione delle macchine -Riduzione del lavoro di trasporto e movimentazione Difetti • Sbilanciamento dei carichi di lavoro tra le varie celle • Di #icoltà nell’ottenere celle completamente autonome •Elevati costi di implementazione (per la revisione del lay-out, per la riprogettazione dei prodotti e dei processi) •Problemi a gestire turbolenze di mix Impianti industriali 17In conclusione: un buon compromesso ma bisogna lavorarci •Maggiore quali ficazione del personale Il fattore tempo è molto importante: il cliente è disposto ad aspettare sempre meno. Le celle sono subito più produttive, le isole sono subito meno produttive, ma a lungo termine più sostenibili. Isole di assemblaggio Assieme -> Componenti, Operatore -> Assieme, Ricomposte; adatto a montaggi di oggetti di medio / grandi dimensioni (es. auto) caratterizzate da elevati volumi.. e #icienza sostenibile. Pregi • Maggiore allargamento ed arricchimento dei compiti lavorativi rispetto alla linea di montaggio tradizionale • Maggiore flessibilità ed elasticità rispetto alla linea di montaggio tradizionale • Orientamento al lavoro di squadra • Totale bilanciamento degli operatori (come nell’assemblaggio a posto fisso) • Notevole elasticità legata alla possibilità di variare il numero di operatori in linea Difetti -Maggiore quali ficazione della forza lavoro rispetto alla linea -Maggiori requisiti di formazione ed addestramento -Di #icoltà di realizzare elevati livelli di automazione -Gli operatori lavorano in piedi. LA FUNZIONE DI PRODUZIONE De finizione Se si ipotizza che un’impresa monoprodotto utilizzi n fattori di produzione, il legame tra le quantità x i degli n fattori (x 1, x 2, ..., x n) e la quantità di prodotto q può essere espressa con la seguente equazione (funzione di produzione) q =φ(x,x,..., x) La funzione φ resta de finita a tecnologia data. Impianti industriali 18 Le leggi universali ->modi fica dei fattori di produzione Modi ficare il livello di impiego di un fattore di produzione richiede tempo. Ancora più tempo richiede modi ficare la funzione di produzione (cambio di tecnologia) Fattori variabili e costi variabili Prendendo come riferimento un determinato orizzonte temporale di decisione, si de finiscono costi variabili quei costi che variano al variare del volume di produzione, grazie alla variazione di impiego di alcuni fattori di produzione. Produttività marginale del fattore di produzione Si de finisce produttività marginale di un fattore di produzione x i l’incremento di produzione ( δq) che si ottiene dall’impiego di una unità aggiuntiva del fattore in parola ( δxi), mantenendo costante la quantità impiegata di tutti gli altri Impianti industriali 19La linearità della funzione φ si può trovare solo in piccoli trattiQuanto mi costa la prossima unità da produrre Legge dei rendimenti decrescenti A tecnologia data ( φ) la produttività marginale di un dato fattore di produzione (x i) decresce all’aumentare della sua quantità di impiego, ferme restando le quantità degli altri fattori. Il concetto di costo fisso dipende dalla quantità Costo Marginale (variazione del costo totale al variare della quantità) Si de finisce costo marginale la derivata della funzione di costo totale CT rispetto alla quantità prodotta CT(q) = CF(q) + Cv(q)·q C’=(dCT)/dq Per limitate variazioni nella quantità prodotta: – Il termine CF(q) è costante->CF – Il termine Cv(q) è costante->Cv – La funzione di costo si può assumere lineare->CT = CF + Cv·q – C' = Cv Per maggiori variazioni nella quantità prodotta: – Il termine CF(q) può iniziare a modi ficarsi – Entra in gioco la legge dei rendimenti decrescenti, quindi: La funzione di costo marginale è estremamente importante perché si lega all'obiettivo chiave dell'impresa, ovvero alla massimizzazione del pro fitto. Π = RT – CT = p(q)·q – [CF(q) + Cv(q) · q] Max Π(cond1°ordine)->d π/dq-> R’=C’ Impianti industriali 20 Questo ci aiuta a capire che: – Nel lungo termine, la massimizzazione del pro fitto richiede di stimare la variazione dei costi fissi, dei costi variabili e del prezzo di vendita in funzione della quantità prodotta e immessa sul mercato; – Nel breve termine, quindi per limitate variazioni del volume produttivo, la scelta del volume ottimo è un scelta "angolare" -Non produco se Cv > P (ovvero se Mc 0) Nel medio termine al variare del volume di produzione, ma rimanendo a tecnologia data, torna a valere la legge dei rendimenti decrescenti, per cui: P ≈ Kost, C' funzione crescente (almeno Cv' > 0) -> esiste un equilibrio non “angolare” Esempio: prezzo di vendita: 10 €/unità L’azienda opera in un mercato a prezzo fisso (a medio termine è di #icile che si possa cambiare il prezzo del mercato) La curva arancione, rispetto alla rossa è più semplice da comprendere. Le aziende prendono decisioni tipicamente sulla media. Guardando la curva rossa a prezzo 10 posso dire che il Impianti industriali 21 volume di produzione deve stare tra 6 e 7000. Al variare del volume di produzione il costo medio diminuisce ( fino a un certo punto), quello marginale no. Bisogna guardare il costo marginale. Lettura intensiva del fenomeno (localmente, pezzo per pezzo). L’ottimo è quando il costo marginale eguaglia il prezzo (corretta vista intensiva è quella marginale, non quella media) Conviene fermarsi (ottimo) dove il gap tra le due curve è massimo, li avrò il pro fitto massimo (qui tra 6000 e 7000 unità) -> punto in cui le curve hanno la stessa tangente (condizione di primo ordine) Emerge poi il concetto del Break even point (ricavi = costi totali)-> con quel volume minimo sono in una condizione di pareggio. Quella del gra fico è la l ettura estensiva del sistema (Guardo costi e ricavi totali). Applicazione e approcci Indice degli esercizi 1.costi rilevanti 2.costi di breve COSTI RILEVANTI (esempio) Sia data la seguente struttura di costo di un prodotto. – MP = 1,2 €/pz Impianti industriali 22 – Lavoro diretto, relativo a manodopera che potrebbe essere spostata in un’altra linea, 1 €/pz – Lavoro indiretto, 0, 5 €/pz – Energia = 0,8 €/pz Per la realizzazione del prodotto in esame si possono scegliere due diversi impianti, caratterizzati dal medesimo costo di acquisto e dal medesimo fabbisogno di manodopera diretta ed indiretta. Tuttavia, il primo impianto ha una resa del 90%, mentre il secondo impianto, pur avendo una resa del 80%, consente di recuperare il 60% del solo materiale scartato e di riutilizzarlo nel processo di produzione. •Quale delle due alternative è preferibile? Non ho volume totale: posso fare un’analisi intensiva e sceglierò la decisione col costo unitario più basso. La materia prima è un costo variabile In questo caso i lavoratori sono un costo variabile perché posso spostarli L’energia è un costo variabile Il lavoro indiretto? -vedi risoluz 22 marzo- DECISIONI DI BREVE Una Società, operante nel settore delle calzature, aveva previsto per l’anno in corso una produzione di 3.000 paia di un modello mocassino, da collocare sul mercato al prevedibile prezzo di € 90,00 il paio. Durante il periodo di campionario il maggiore cliente, che secondo le previsioni avrebbe acquistato 1.200 paia al prezzo indicato, ha chiesto una riduzione di prezzo pari a € 25,00 il paio pena la rinuncia alla fornitura delle 1.200 paia. La Società si trova quindi a dover decidere se accettare l’o fferta del cliente, considerando che è impossibile, alla data, trovare altri clienti che coprano la quota invenduta: La Direzione ha condotto un’analisi dei costi di produzione che ha portato alla stesura dello schema riportato in Tabella 1, riferito a due diversi livelli di produzione e vendita del modello mocassino. Impianti industriali 23 1.Conviene accettare la riduzione di prezzo proposta dal cliente? 2. Qual è il prezzo limite accettabile, nel breve periodo, per eventuali altri ordini con cui sostituire la domanda persa del maggiore cliente attuale. La Società sta inoltre valutando per l’anno prossimo due alternative: a) continuare a produrre e vendere 3000 paia di mocassini; b)sostituire la produzione dei mocassini con un modello stringato di cui si stima un volume di vendita massimo di 3.500 paia ad un prezzo di € 80 al paio; i costi fissi sono stimati di € 111.000,00, mentre il costo variabile unitario di produzione è di € 27,00 il paio. 3. Quale alternativa sarebbe la più conveniente? 4. Quale alternativa sarebbe la meno rischiosa? Visione estensiva o intensiva: – La prima è generalmente più semplice da calcolare – La seconda è generalmente più semplice da comunicare Formulazione primale o duale: - Nella formulazione primale si opera con l'obiettivo di massimizzare il pro fitto – Nella formulazione duale si opera con l'obiettivo di minimizzare i costi – Le due formulazioni sono identiche, a pari quantità venduta – In caso contrario, è necessario introdurre dei costi che monetizzano l'opportunità di vendita persa (costi opportunità) -VEDI RISOLUZ 22 MARZO- Impianti industriali 24Devono essere a parità di risorsa scarsa (tempo - capacità impianto-…) COSTI D’IMPIANTO Riclassi ficazione- costi di impianto e costi di esercizio Nell’impiantistica si tende ad operare una distinzione tra costi di impianto e costi di esercizio. Costo di impianto E’ la somma di tutti i costi che l’impresa deve sostenere per avere l’impianto pronto a produrre. – Capitale fisso (immobili, impianti tecnici, brevetti, etc.); – Capitale circolante (materie prime, crediti a clienti, etc.) Costo di esercizio Costo totale di produzione riferito ad un esercizio (es. anno). – Costo variabile (energia, materie prime, ecc.); – Costo fisso (personale, manutenzione, locazioni, ecc.). Costi di impianto Cosa c’è dentro? a)ingegneria b)acquisto del terreno e realizzazione dell’immobile c)acquisto degli impianti, macchine, attrezzature e parti di ricambio d)installazione e montaggi e)beni immateriali (know-how, brevetti, licenze, ecc.) f)costi vari (rete vendita, assunzioni, legali, ecc.) In che modo costa? Aspetto economico = perdita di valore Aspetto finanziario = costo (opportunità) del denaro immobilizzato Impianti industriali 25Tutti i costi legati all’e ffettiva produzione Costi di esercizio (più proiettato per la prospettiva duale) La de finizione dei costi di esercizio si lega alle tecniche di contabilità analitica, e alle problematiche di allocazione dei costi indiretti. In un problema a ffrontato in formulazione duale entrano in gioco anche i costi opportunità: – Costi opportunità del capitale ( fisso e circolante) – Vendite perse ‣Lunghezza degli attrezzaggi (setup) ‣Indisponibilità degli impianti (mancata produzione) – Obsolescenza di prodotto (di fferenza tra il prezzo a cui avrei venduto il prodotto in condizioni ottimali e quello a cui lo devo e ffettivamente vendere) Costo di esercizio totale = costi monetari + costi opportunità Costi di mancata produzione Il costo di mancata produzione rappresenta il costo opportunità che l’azienda sostiene per il fatto che gli impianti, per errata progettazione o conduzione, non rispondono alla domanda di mercato. Come ogni costo opportunità, non corrisponde quindi ad un vero flusso di cassa (transazione) ma è piuttosto un costo figurativo, che l'impresa percepisce in termini di riduzione del volume produttivo e quindi di mancato reddito: CMP = MC(perso) = R (persi) - C V (non sostenuti) Relazione tra costi di impianto e costi di esercizio C’è un trade-o ff tra: •Costi di impianto •Costi di mancata produzione Impianti industriali 26 Il costo di impianto : tanto più l’impianto non si ferma mai, tanto meno sopporterò i costi per mancata produzione Devo trovare il valore ottimale per il margine di funzionamento Formulazione primale VITA UTILE DI IMPIANTO De finizione La vita utile di un impianto discende dall’interazione di: – Vita fisica dell’impianto–fenomeno di usura; – Vita economica –fenomeno di obsolescenza. Alla base c’è il trade-o ff tra: ‣Sviluppo tecnologico di alternative produttive (impianti) più e #icienti ‣Progressivo aumento dei costi di produzione dovuto al progressivo logorio fisico (manutenzione, perdita di resa, riduzione disponibilità) – Vita di prodotto , legata alle dinamiche del mercato (cf.LP vs. CD vs. MP3). Impianti industriali 27La vita utile è il minimo tra questi 3 fenomeni Vita utile = orizzonte temporale che massimizza l’NPV / minimizza l’NPC De finizione operativa La vita utile è data dall’orizzonte temporale che massimizza il NPV di un impianto, previa stima di: – I 0 – Andamento nel tempo dei costi di esercizio – Andamento nel tempo dei ricavi, in relazione a... – …andamento nel tempo dei costi di eventuali alternative di produzione AFFIDABILITA’ E DISPONIBILITA’ (Di componenti e sistemi) ANALISI AFFIDABILISTICA • Scopo dell’analisi a #idabilistica è comprendere le problematiche di guasto che, su base statistica, a #liggono un impianto rendendolo indisponibile alle attività produttive. • Dall’analisi a #idabilistica è possibile: – stimare il costo della non disponibilità , uno dei costi (opportunità) che concorrono a determinare il costo di esercizio dell’impianto; – valutare la validità di interventi volti a ridurre l’indisponibilità. Costo opportunità della mancata produzione: – Margine di contribuzione perso Costo di impianto ed esercizio: – Costi dell’impianto (dimensionamento regolare, ridondanza) – Spese di funzionamento Impianti industriali 28 – Costi per garantire la continuità (manutenzione ordinaria e straordinaria) Esempio (lezione 29/03) Produzione parti meccaniche Potenzialità singola macchina = 60 pezzi/ora Domanda = 100 pezzi/ora per 6.000 ore/anno Dati economici: Ricavo unitario = 20 €/pezzo Costo Materie prime = 15 €/pezzo Costo Energia = 0,5 €/pezzo Altri costi variabili = 0,5 €/pezzo Costo 1 Macchina = 100.000 € Costo riparazione = 500 € Statistiche sui guasti: Domande: 1. Quanto mi costa l’attuale indisponibilità del sistema? 2. Sarebbe conveniente acquistare altre macchine, caratterizzate da diverse (e migliori) statistiche di guasto, a fronte di un certo costo d’acquisto? 3. Sarebbe conveniente acquistare una terza macchina in modo da poter garantire la produzione di 100 pezzi/ora anche in caso di guasto di una delle due attuali? A"idabilità dei componenti L’affidabilità di un componente non è una proprietà assoluta, ma dipende da: – Requisiti di funzionamento : cosa vuol dire “si è guastato?” Es. Cuscinetto: grippato o rumoroso?... Impianti industriali 29 – Te m p o d i m i s s i o n e : quanto tempo deve funzionare? • “...la mia tuba quasi nuova, comprata d’occasione nel Klondike nel 1901” (Paperon de Paperoni); – Condizioni di utilizzo :in che condizioni operative? • Un fuoristrada a Milano, e uno nel deserto... Lo studio del problema affidabilistico si configura pertanto come la studio, su basi statistiche, delle interazioni tra questi elementi. Per i componenti isolati si distinguono tre comportamenti affidabilistici: – Componenti non riparabili : sono quei componenti che, se subiscono un guasto nel tempo di missione, fanno fallire la missione stessa: Reattori chimici di processo; Motore Aereo (se osservato durante un volo); – Componenti riparabili a guasto auto-evidenziante : sono quei componenti che possono guastarsi ed essere riparati nel tempo di missione, perché il successo di questa non si misura tanto nella sua continuità, quanto nel tempo complessivamente speso in condizioni di buon funzionamento – Componenti riparabili a guasto non auto-evidenziante : come sopra, ma la loro condizione di guasto non si auto-evidenzia, e va esplicitamente testata: Es. Spie di controllo. Per ciascuna di queste tipologie di componenti si formulano misure diverse della performance a #idabilistica. – Componenti non riparabili : • se ne esprime l’a #idabilità ( Reliability ), ovvero la probabilità che il componente non si guasti entro il tempo di missione t; – Componenti riparabili : se ne esprime la disponibilità ( Availability ), ovvero la percentuale del tempo di missione trascorsa in condizioni di buon funzionamento . Trattazione probabilistica Esperimento: Prendo un campione di N tot =224 lampadine, e misuro l’istante in cui ciascuna di loro smette di funzionare. Ntot = 224 lampadine Ng(t) = numero lampadine guaste in t Nf(t) = numero lampadine funzionanti in t N tot = N g(t) + N f(t) Impianti industriali 30 Con riferimento alla tipologia di elementi in prova, si definisce affidabilità al periodo t il valore: Specularmente, si definisce inaffidabilità del componente al periodo t il valore: Distribuzione di frequenza dei guasti Calcolo di R(t) e F(t) Impianti industriali 31 Impiego di R(t) e F(t) Se stessi cercando una misura dell’a #idabilità, ovvero una misura della probabilità che un componente si guasti ad un determinato tempo, F(t) sarebbe tutto quello di cui ho bisogno; – Es.Selezione del corretto tipo di componente che mi assicura un buon funzionamento su un tempo di missione noto. Spesso, però, il problema a #idabilistico (e conseguentemente manutentivo) si pone in modo diverso: Quando è corretto sostituire / manutenzionare il componente? Il tasso di guasto Per il problema manutentivo, è necessario comprendere qual è la probabilità che un componente, che abbia già lavorato per un certo intervallo di tempo, si guasti nei prossimi istanti. Si de finisce tasso di guasto questa grandezza: essa esprime una misura del rischio immediato di guasto di un componente che ha già “vissuto” per un determinato tempo. Come tutti i “tassi”, il tasso di guasto è una [% / tempo]. z(t) (*) = Prob (componente si guasti in t+dt | è sopravvissuto fino a t) / dt Impianti industriali 32 Proviamo a calcolare questo valore in modo intuitivo: devo misurare un’interazione tra quei componenti che : – non essendosi guastati tra 0 e t... - si guasteranno nel prossimo dt. Espresso in questo modo, vediamo come il tasso di guasto esprima anche la riduzione percentuale dell’a #idabilità ad un istante t. Comportamento tipico di un componente meccanico: Alcuni componenti hanno solo un tasso z costante (es. elettronica). Quando il tasso di guasto è costante la fenomenologia di guasto assume una dinamica di tipo esponenziale negativo. Da reminiscenze di statistica, possiamo dire che: – Il valore medio di R(t)=e -z·t è paria1/z. Esso equivale alla vita media del fenomeno studiato; Impianti industriali 33 – Il valore medio della vita di un componente è anche detto“tempo medio al guasto” (Mean Time To Failure, MTTF) – Vale perciò la relazione z=1/MTTF; – Di conseguenza, l’affidabilità di un tale componente all’istante t si calcola come: Esempio di calcolo di MTTF Disponibilità dei componenti La misura chiave per i componenti riparabili è la Disponibilità (Availability, A ), intesa come la percentuale del tempo di missione trascorsa in stato di buon funzionamento; Nei componenti riparabili, dopo l’evento di guasto si attivano delle attività di riparazione; Astraendo, e supponendo che Uptime e DownTime siano modellabili usando il valore medio delle loro occorrenze, si ottiene: Impianti industriali 34 Vedi esempio slide 30Caso di componenti a guasto non autoevidenziate Sia per semplicità: • Mean Time To Failure (MTTF) il tempo medio al guasto; • Mean Time To Test (MTTT) il tempo che mediamente intercorre tra due messe in prova del componente riparabile non autoevidenziante in esame. E’ possibile dimostrare che, per questa tipologia di componenti, l’espressione di A si riformula come segue: A"idabilità dei sistemi Si de finisce sistema un insieme di elementi (componenti) interagenti tra loro, con lo scopo di fornire una determinata prestazione. Dal punto di vista del problema a #idabilistico interessa studiare la probabilità di quegli eventi, originati dai guasti ai singoli componenti del sistema, che portano a disattendere i requisiti di funzionamento del sistema. Secondo quanto già de finito: Impianti industriali 35 1) Sistemi non riparabili : sistemi in cui il primo passaggio dallo stato di funzionamento a quello di guasto è irreversibile. In questo caso se ne esprime l’a #idabilità (R=Reliability), ovvero la probabilità che il sistema non si guasti entro il tempo di missione t. 2) Sistemi riparabili: sistemi che alternano intervalli in stato di funzionamento ad intervalli in stato di guasto. In questo caso se ne esprime la disponibilità (A=Availability), ovvero la percentuale del tempo di missione trascorsa in condizioni di buon funzionamento. Sistemi serie e parallelo I sistemi si distingueranno in: – Sistemi serie (non ridondati): sono quelli che risultano guasti non appena si guasta un componente; – Sistemi parallelo (ridondati): sono quelli che non si guastano appena si guasta un componente, ma continuano ad assicurare l’output richiesto dal sistema. Si distinguono in: • Sistemi a funzionamento parziale non ammesso (FPNA) : – Sistemi (1/n): purché ne funzioni almeno 1 sugli n disponibili, il sistema funziona; – A ridondanza (k/n): purché ne funzionino almeno k sugli n disponibili, il sistema funziona; • Sistemi a funzionamento parziale ammesso (FPA): l’output del sistema è “accettabile” anche se non è integralmente fornito. Es. Sistemi che elaborano delle portate. Per i soli sistemi parallelo , si distingue: – Stand-by freddo: nel caso in cui il componente di riserva sia disattivo quando il componente normale è operativo; – Stand-by caldo: nel caso in cui il componente di riserva sia comunque utilizzato, magari a regime ridotto, quando il componente normale è operativo. In questo modo il componente di riserva è subito pronto ad intervenire Schema a blocchi Impianti industriali 36 E' da sottolineare il fatto che, in generale, questi schemi non trovano corrispondenza nello schema funzionale dell'impianto. Essi rappresentano gra ficamente la dipendenza logica dell'evento "guasto del sistema", dall'evento "guasto di un certo componente", cosa che, in generale, non corrisponde all’articolazione fisica e funzionale del sistema considerato. Sistemi tipo serie Sistemi di tipo parallelo (FPNA 1/n) Basta che un solo elemento funzioni perché il sistema funzioni Impianti industriali 37 Sistemi di tipo parallelo (FPNA k/n) • Si chiamano anche sistemi “a ridondanza maggioritaria” • Rappresentano il caso generale dei sistemi di tipo parallelo in cui, a #inché il sistema funzioni è necessario che funzionino almeno k degli n elementi in parallelo • Queste sono le relazioni in caso di funzionamento parziale non ammesso (FPNA): Ad esempio, nel caso qui illustrato (n=3, k=2) (Vedi lezione 30 marzo) Impianti industriali 38A= probabilità che il sistema funzioni con 2 blocchi funzionanti Sistemi di tipo parallelo FPA • Sistema: 2 pompe uguali, 60 m 3/h • Servizio parzializzabile • Costo del disservizio = 0,15 euro/m 3 • Richiesta utenza = 100 m 3/h • Funzionamento continuo (365 gg/anno x 24 h/gg) • Dati relativi a una pompa – MTTF=5000h; MDT=240h – Costo = 16.000 euro • Vita utile = 15 anni; tasso attualizzazione = 8%. Conviene aggiungere una terza pompa in parallelo? Conviene ridurre i tempi tecnici di riparazione ? Riduzione MDT = 120 h Maggior costo personale = 10.000 euro/anno Aggiungere una terza pompa mi consente di risparmiare in costi di mancata produzione abbastanza da ripagare la terza pompa? -RISOLTO SUL QUADERNO_ POLITICHE MANUTENTIVE La manutenzione si può caratterizzare secondo tre dimensioni (che possono essere sovrapponibili ) Impianti industriali 39Servizio parzializzabile: se la richiesta è 100 e io produco 60 non perdo tutto PROGETTAZIONE DEGLI IMPIANTI BUFFERIZZAZIONE bu ffer=accumulo temporaneo di uno stock di: -pezzi -fuidi -energia -bytes -… Qualsiasi accumulo temporaneo che mi serve per disaccoppiare le dinamiche del pezzo d’impianto che produce da quello che consuma. La dimensione massima del bu ffer serve a dimensionare gli sbilanciamenti tra in and out Impianti industriali 40 Dimensionamento: caso semplice (produzione in costante) Supponiamo che la richiesta sia periodica 1 utenza, 1 generatore, prodotto/servizio accumulabile Generalmente, il generatore è dimensionato sulla richiesta media, lasciando poi che sia l’accumulatore a compensare i momenti a richiesta massima con quelli a richiesta minima. Quindi: Assumo la mia produzione come la richiesta media (costante, quindi una retta). E’ possibile dimensionare il generatore un po’ in eccesso rispetto alla richiesta media, per incrementare i gradi di libertà “gestionali” nella sua politica di conduzione (vedi dopo). Esprimendo la produzione del generatore come una generica funzione P(t), nel caso in qui questa sia pari alla R med si ha che: Primo periodo evidenziato= esubero massimo di produzione La produzione supera la domanda Secondo= debito massimo di produzione Impianti industriali 41 La domanda supera la produzione Per calcolare la dimensione dell’accumulatore polmone, si proceda come segue: Suppongo sempre di avere R(t); • Si de finisca una politica di utilizzo del generatore. In termini analitici, questo porta alla de finizione della funzione P(t); • Si tracci l’integrale nel tempo della funzione di produzione P(t) e della funzione R(t), come fatto nella figura alla pagina precedente; • Si determini la funzione V(t) come di fferenza tra le due funzioni integrali; in simboli: Grazie a questa funzione posso dire quanto la produzione si allontana dalla richiesta: positiva se sono in credito, negativa se sono in debito. • La dimensione D dell’accumulatore è pari a: D = max T {V(t)} - min T {V(t)} • L’accumulatore, all’inizio del periodo T, dovrà contenere (massimo debito): A(0) = - min T V(t) [unità] Dovrà essere presente il massimo del debito (-min) Parte da 0, torna a 0, e vale 0 ogni volta he i due integrali si incrociano. Impianti industriali 42v(t) andamento dello sbilanciamento tra le due unità Sono evidenziati i periodi di massimo esubero e massimo debito. Traslo di un valore pari a -min la curva. -min può avere valore 0 (se la produzione è sempre in eccesso). V è la di fferrnza tra i due integrali. In tutti i casi in cui non si sia dimensionato il generatore sulla potenzialità media, si ricordi che: – In ogni caso, la produzione cumulata (produzione e richiesta) ed il consumo cumulato del servizio devono uguagliarsi alla fine del periodo, pena l’inutilità del punto di disaccoppiamento progettato – Modulando la potenzialità erogata, pur rimanendo sempre nella condizione in cui la P max del generatore è inferiore alla R max , si riesce a ridurre la dimensione dell’accumulatore , lavorando sopra la media quando la richiesta delle utenze è più elevata, e lavorando sotto la media nei casi speculari. – Se la regolazione del generatore è solo del tipo ON-OFF , valgono le medesime considerazioni del punto precedente, dove ovviamente la politica di gestione del generatore si complica in virtù della maggiore “rigidità” dell’impianto Il bu ffer è grande quanto le dimensioni di massimo credito e massimo debito: se p(t) avesse un malore massimo pari Rmax, non avrei bisogno del bu ffer. Per diminuire la dimensione dell’accumulatore, devo dotarmi di un generatore più potente rispetto alla media. Modulo la produzione in modo da abbassarla quando la richiesta è meno pendente. Devo tenere le mie curve il più vicine possibile e arrivare a fine periodo. Dimensionare il generatore con un valore superiore a Rmed potrebbe essere saggio (riduce la dimensione del bu ffer e non rischio che in caso di stop non venga soddisfatta la richiesta del periodo. Gra fico excel: Comprando un generatore più potente di Rmed, porto al massimo la produzione quando la richiesta è maggiore (Rmed+x), e diminuisco della stessa quantità quando la richiesta è minima (Rmed-x). In questo modo avvicino le curve, ma Rmed resta invariata. La produzione cosi però è troppo discontinua: sono necessari metodi analitici. Impianti industriali 43 Dispositivi di handling sistemi che fanno in and out Spesso vanno sistemati, perché la richiesta può variare, e se varia R(t), cambia il flusso che entra e esce nel bu ffer, e va ridimensionato il tutto. Tipologia di vincolo alla mobilità: -sistemi senza vincoli di mobilità con percorsi variabili (es. carrelli industriali) -sistemi vincolati ad assegnati percorsi (es.trasportatori, convogliatori, AGV) -sistemi vincolati ad un’assegnata area operativa (es. gru, carroponte, robot) Tipologia di operatività -continui: le fasi operative vengono con continuità e simultaneità (es nastri trasportatori). La simultaneità è garantita dallo spazio. -discontinui: le fasi operative avvengono in serie (es. carrelli) Potenzialità di trasporto 1)dispositivi discontinui P=Q/Tc Q: quantità trasportata in ogni ciclo Tc: tempo complessivo di un ciclo, somma dei tempi di: -carico -trasferimento -scarico -ritorno a vuoto -attesa 2)dispositivi continui Non riesco a distinguere il ciclo di lavoro, perciò faccio una traduzione spaziale. P=(Qv)/d Q: quantità trasportata [kg, pz] v: velocità convogliatore d: distanza (interasse) tra le U.d.C. Nei sistemi di trasporto continui le tre fasi di carico, trasporto, scarico sono simultanee. La potenzialità è quella teorica di un singolo tratto, la potenzialità del sistema è data dal collo di bottiglia. Impianti industriali 44 Dispositivi di handling: -carrelli a contrappeso: oltre una certa grandezza è instabile, ha bisogno di molto spazio (corridoio 3m), ma costa poco -carrelli a montante retrattile: occupa meno spazio (necessito corridoio più piccolo), distanze operative in altezza molto maggiori (circa 9 metri) -carrelli trilaterali: la forca gira, non devo fare manovre nel corridoio (dimensione pari alla diagonale del pacco) I trade o ff sono: costo dell’operatore (livello di automazione), spazio necessario, costo del prodotto Procedura di dimensionamento Impianti industriali 45 TEMPO DI CICLO : Tempi Fissi + Tempi Variabili (studia le formule a casa) Tempi fissi : tempi standard che non dipendono dalla locazione delle UdC curve. segnalazione; posizionamento; ciclo forche; Tempi variabili : tempi di traslazione (orizzontale o verticale) che dipendono dalle distanze e dalle prestazioni cinematiche dei carrelli. P = PERCORRENZA ATTESA DI A+R IN PIANTA [m] S = PERCORRENZA ATTESA DI SALITA / DISCESA DELLE FORCHE [m] VO = VELOCITÀ DI TRASLAZIONE ORIZZONTALE DEL CARRELLO [m/s] Impianti industriali 46 VV = VELOCITÀ DI SALITA / DISCESA DELLE FORCHE [m/s] Bu fferizzazione e colli di bottiglia – Le risorse di cui è dotato il sistema produttivo non sono tutte in grado di assicurare la stessa capacità produttiva – All’interno di un sistema produttivo, si dice che esiste un collo di bottiglia se vi è una particolare fase / risorsa che ne limita la capacità produttiva complessiva – I colli di bottiglia possono essere: -Statici -Dinamici Cdb statici Un collo di bottiglia si dice statico se la risorsa vincolante non cambia nel tempo. In queste condizioni, ci sono delle risorse che sono critiche a capacità, mentre altre sopporteranno strutturalmente degli stand-by. Ad esempio, si consideri il sistema monoprodotto non perturbato (assenza guasti) illustrato a seguire Impianti industriali 47 Cdb dinamici Un collo di bottiglia si dice dinamico se la risorsa vincolante cambia nel tempo, in funzione delle condizioni operative o del mix di produzione. Con colli di bottiglia dinamici devo prima capire dove ha senso mettere il bu ffer. Ad esempio, si considerino i seguenti esempi: A= tempo buono/ tempo totale Fattori dei colli di bottiglia Prima di tutto bisogna identi ficare i possibili colli di bottiglia: Secondo una prima tassonomia, un collo di bottiglia si dice... • di potenzialità , se la risorsa limitante si caratterizza per avere ritmo standard inferiore a quello delle altre risorse, nell’ambito di produzione di un determinato codice • di utilizzo , se la risorsa limitante si caratterizza per avere un tempo di utilizzo inferiore alle altre (es. turnazione ridotta) • di disponibilità , se la risorsa limitante si caratterizza per essere spesso soggetta a guasti •di flessibilità , se la risorsa limitante si caratterizza per elevati tempi di setup / attrezzaggio al cambio prodotto •di conformità , se la limitazione nella capacità produttiva deriva da una bassa resa di conformità (resa di conformità: non il 100% della produzione di una macchina è buona) Strumenti di analisi Per studiare i bu ffer bisogna studiare la funzione v(t) Il dimensionamento del bu ffer viene condotto studiando la dinamica di riempimento – svuotamento del bu ffer stesso, ed individuando così la dimensione più opportuna del punto di disaccoppiamento Impianti industriali 48 Per fare questo è possibile aiutarsi con dei gra fici che riportano, nel tempo, i flussi di immissione e di prelievo dal bu ffer: integrando la loro di fferenza si ottiene la consistenza istantanea del bu ffer Bu fferizzazione per eliminare i Cdb I Cdb considerati sono tutti dinamici In parallelo alle tipologie di colli di bottiglia, si possono progettare bu ffer per interagire con problematiche: di potenzialità di utilizzo di disponibilità di flessibilità di conformità Una volta che sia stato dimensionato, un bu ffer dà il proprio contributo nella gestione di anche più d’uno di questi fattori. Nasce una certa complicazione... Il bu ffer consente di trovare un punto di equilibrio in cui nessuna delle due risorse è bottleneck by the other (se riesco a giocare bene con la campagna) Bu ffer di potenzialità Si e ffettua in caso di cdb dinamico legato a ritmi standard diversi al variare del prodotto in lavorazione. Si consideri il seguente esempio. Impianti industriali 49 Senza alcuna bu fferizzazione, in due ore di produzione si ottengono 80 pezzi di A e 70 di B. Durante la produzione di A sarà la prima fase a sperimentare uno stand-by (o una riduzione nella resa di velocità), e viceversa. Suppongo spazio in finito e per il momento non tocco la campagna Inserendo un bu ffer della capienza di 20 pezzi, sempre in due ore di produzione, è possibile recuperare 20 pezzi del prodotto A. Nel caso di bu fferizzazione per potenzialità, valgono le seguenti conclusioni: – Come si è mostrato nell’esempio precedente, bu ffer utilizzati per questa finalità compiono dei cicli di riempimento / svuotamento – Perché la bu fferizzazione sia e #icace è necessario che i cicli di riempimento/svuotamento si CHIUDANO all’interno di una campagna produttiva; diversamente il bu ffer tenderà a saturarsi, fino a diventare inutilizzabile Impianti industriali 50 Senza bu ffer facevo 80 e 70, con il bu ffer 100 e 70 ->+ 20 di pezzi di A in due ore, ma gli ultimi 10 minuti B era in stop, perciò posso migliorare ancora modi ficando la campagna. -nella campagna restano 10 min in cui stadio 2 è inutilizzato -Introducendo quel bu ffer ho alterato il mix di produzione (prima 8/7, ora 10/7), magari il mercato ne chiede solo 80. Devo capire come come utilizzare il bu ffer per liberare capacità di tutta l’azienda, da utilizzare per qualsiasi mix, e questo lo faccio modi ficando la campagna. In meno tempo potrei produrre la stessa produzione di prima, e potrei sfruttare il tempo rimanente per produrre altre unità di entrambi i prodotti.Il bu ffer non aumenta la produzione di questa o quella variante di prodotti, ma aumenta il tempo disponibile, quindi la capacità di realizzate qualsiasi variante si voglia / serva! Il bu ffer può diventare esso stesso un cdb, se lo prendo troppo piccolo. Bu ffer di utilizzo Si e ffettua per disaccoppiare stadi che operano con turnazioni / calendari di fferenti. Si consideri l'esempio seguente: Cdb di utilizzo espresso dalla risorsa a monte. Senza bu ffer, in un giorno di produzione si ottengono 800 pezzi , con sensibili tempi di stand- by sulla prima fase. Inoltre non sarebbe possibile sfruttare la possibilità, o fferta dalla seconda fase, di recuperare la di fferenza di potenzialità attraverso la maggiore estensione dell’orario di lavoro. Inserendo un bu ffer della capienza di 1.600 pezzi, è possibile ottenere 2.400 unità di output. Studiando la dinamica del bu ffer nel tempo si otterrebbe: Nel caso di bu fferizzazione per utilizzo, valgono le seguenti conclusioni: • Anche questo tipo di bu ffer si caratterizza per un comportamento ciclico tra le condizioni di pieno e vuoto Impianti industriali 51 •E’ necessario che tali cicli si concludano in un tempo pari al tempo dalla fase che ha utilizzo massimo (nel caso precedente entro le 24 h); diversamente il bu ffer tenderà a saturarsi, fino a diventare inutilizzabile. Bu ffer di disponibilità I bu ffer aiutano a limitare l’impatto delle fermate a #idabilistiche. Si consideri l'esempio seguente: Valle cdb di disponibilità, monte cdb di potenzialità. 95 x 0.9=85 pezzi/h come capacity Senza bu ffer, in un dato periodo di produzione si ottengono mediamente poco più di 85 pezzi. In particolare, la prima fase subisce strutturalmente degli stand-by, ma causa a sua volta alla seconda fase degli stand-by legati alla propria saltuaria indisponibilità. Con un bu ffer, è possibile schermare, o eliminare del tutto, l’e ffetto dei guasti della prima fase, stabilizzando l’output del sistema a 90 pz/periodo (condizionato dalla sola prima fase). Al crescere della dimensione del bu ffer, o dualmente al diminuire del Mean Down Time, sarà possibile isolare meglio la prima fase, che risulta essere collo di bottiglia di disponibilità.Impianti industriali 52 Se il bu ffer ha la capacità di coprire tutto il mean down time della risorsa a monte, la risorsa a valle non si ferma. Quando esco dal MDT la risorsa a monte può produrre alla sua massima potenzialità (100) perché il bu ffer copre il delta di 5, finche non si riempie, poi la risorsa a monte ricomincia a produrre a 95. Questo tipo di bu ffer oscilla tra essere pieno, e svuotarsi quando la disponibilità della risorsa a valle viene a mancare. È molto importante dimensionare: se lo dimensiono troppo grande mi proteggo, ma tengo fermi dei semilavorati per troppo tempo (se l’evento di down è poco frequente). Oppure posso non fare in tempo a riempire di nuovo il bu ffer per schermare completamente il down (se l’evento di down è molto frequente. Tipicamente è il rapporto tra la consistenza del bu ffer e il rate che lo svuota) Non voglio sovradimensionare il bu ffer, è per eventi sporadici, se ci fossero troppi guasti sarebbe meglio cambiare macchinario. Al contrario (disponibilità a valle) il bu ffer è vuoto a regime, e si riempie quando la risorsa a valle si guasta, per non fermare quella a monte. Nel caso di bu fferizzazione per disponibilità, valgono le seguenti conclusioni: • Questo tipo di bu ffer si caratterizza per il fatto di essere, a regime, pieno; solo in corrispondenza di guasti presso la fase a monte tenderà a svuotarsi, alimentando la fase a valle ed isolando così l’impatto del guasto •Ovviamente, dopo il guasto è necessario riempire il bu ffer per porlo nuovamente nelle condizioni di utilizzo. Perché questo avvenga il collo di bottiglia di disponibilità deve essere a monte, mentre il collo di bottiglia di potenzialità (utilizzo) deve essere a valle. •Si può dare anche il caso contrario. In questo caso, il collo di bottiglia di disponibilità è a valle mentre il collo di bottiglia di potenzialità (o utilizzo) deve essere a monte Impianti industriali 53 •In questo secondo caso, il bu ffer a regime è vuoto e si riempie solo quando lo stadio a valle si guasta. Tanto più capiente il bu ffer, più lungo il tempo di copertura del guasto che si riesce ad assicurare Bu ffer di conformità Collo di bottiglia di disponibilità su piccola scala (pezzo che nel flusso di produzione risulta guasto). Si e ffettua per limitare l’impatto dei tempi di setup al cambio del codice in produzione. Si consideri l’esempio seguente. Senza bu ffer il sistema marcia a 60 e uno ogni 10 lo butto via. Metto in mezzo un bu ffer, in modo da poter sempre alimentare la fase a valle (non lasciare la valle in starvation) Oltre all’alterna presenza di un collo di bottiglia (dinamico) di potenzialità, vi è anche un collo di bottiglia di flessibilità: senza bu ffer, ad ogni cambio prodotto, la prima fase si ferma per due ore, costringendo la seconda fase ad uno stand-by. Impianti industriali 54 Con un bu ffer di capienza pari a 160 pezzi e in presenza di una campagna di produzione di A che duri almeno 8 ore, il bu ffer riesce a schermare tutto l’impatto del setup della fase a monte, innalzando la capacità del sistema. Bu ffer di flessibilità Nel caso di bu fferizzazione per flessibilità, valgono le seguenti conclusioni: • Questo tipo di bu ffer compie dei cicli di riempimento / svuotamento. E’ sempre necessario che tali cicli si concludano all’interno di una campagna produttiva • Poiché per isolare il setup è necessario che il bu ffer sia pieno, il collo di bottiglia di flessibilità deve essere a monte, mentre il collo di bottiglia di potenzialità deve essere a valle • Si può dare un secondo caso, in cui il collo di bottiglia di potenzialità sia a monte, e di flessibilità a valle. In questo caso, il bu ffer deve partire pieno. Impatto del bu ffer sulla capacità Il bu ffer recupera capacity! Il bu ffer non aumenta la produzione di questa o quella variante di prodotti, ma aumenta il tempo disponibile, quindi la capacità di realizzate qualsiasi variante si voglia / serva! Ho del tempo nuovo, e in quel tempo posso variare rimanendo tra i due vincoli rigidi. CRITERI DI DIMENSIONAMENTO Costi Genera sia costi di impianto (costi necessari per aver l’impianto funzionante) che di esercizio (costi che si manifestano durante l’esercizio corrente). La dimensione ottima del bu ffer si determina valutando i costi rilevanti connessi alla sua introduzione e confrontandoli con i bene fici che ne discendono. Tipicamente i costi coprono: – Acquisto – Installazione – Immobilizzo del capitale e dello spazio – Gestione(energia, personale, assicurazioni, etc.) Impianti industriali 55 Bene fici I bene fici sono connessi alla capacità produttiva liberata. In funzione della ricettività del mercato, questa può essere valorizzata come: – Incremento del volume di attività: se il mercato è ricettivo, la produzione aggiuntiva può essere venduta, ottenendo un bene ficio che si quanti fica come (fatturato – costi rilevanti)quantità; – Riduzione dei costi: se il mercato non è ricettivo, è possibile ottenere un risparmio sui costi di produzione (es. minore tempo di apertura impianto, minore fabbisogno di straordinari, ecc.). Studiando il trade-o ff tra queste voci si determina la dimensione ottimale del bu ffer. In mezzo ce un punto di ottimo, e devo trovarlo. Costi totali= risparmi di produzione + costi di acquisto… PROGETTAZIONE DEGLI IMPIANTI I passi di progettazione di un impianto industriale • Frazionamento, dimensionamento e localizzazione: de finizioni •Gli “utensili per la scelta progettuale: le voci di costo, i concetti tecnico-economici, la matrice di incidenza, i criteri di riferimento. Remind Impianti industriali 56 Passi per la progettazione degli impianti (u/h) 1. Individuazione dei requisiti di funzionamento (quantità, qualità, tempo, ubicazione della domanda, etc.) 2. Esame delle alternative di realizzazione disponibili: –Scelta del grado di frazionamento – Macro-selezione dei componenti dell'impianto (macchine, generatori, trasportatori, etc.) – Dimensionamento dei componenti, opzioni di Accumulo – Scelta di localizzazione dei generatori – Check normativo : sicurezza, igiene, rispetto norme e standard, etc. – Analisi economica dell’alternativa vagliata 3. Scelta dell’alternativa migliore 4. Esecuzione del progetto di dettaglio 5. Realizzazione del progetto 6. Gestione dell'impianto Frazionamento, dimensionamento e localizzazione In quante unità di generazione voglio frazionare la capacity di cui intendo dotarmi per rispondere alla mia domanda? La scelta del grado di frazionamento risponde alla modalità con cui si intende evadere la domanda dal punto di vista del numero degli impianti di produzione / generazione: – Diremo “ centralizzato ” il caso in cui la potenzialità necessaria per i requisiti prima individuati venga messa a disposizione da un solo impianto; – In caso contrario, diremo “frazionato” un impianto in cui la richiesta totale venga esaudita attraverso più di un impianto: -Totalmente frazionato : tanti impianti quante “utenze”; -Parzialmente fra