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Aerospace Engineering - Fisica delle Onde

Completed notes of the course

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3 Indice Cap 1 – Onde meccaniche 1.1 Generalità sulle onde p. 5 1.2 L’equazione delle onde p. 6 1.3 Alcune altre equazioni che descrivono fenomeni ondulatori. p. 7 1.4 Onde piane armoniche p. 8 1.5 Rappresentazione complessa di un’onda. p. 11 1.6 Analisi di Fourier p. 1 2 1.7 Onde sferiche p. 1 9 1.8 Velocità di gruppo p. 20 1.9 Esempi di onde meccaniche p. 21 1.9.1 Onde su una corda tesa p. 21 1.9. 2. Onde longitudinali lungo una barra solida. p. 22 1.9. 3. Onde trasversali in una barra. p. 24 1.9.4 . Onde sonore in un gas p. 25 1.9.5 La velocità di propagazione del suono p. 29 1.10 L’effetto Doppler p. 30 1.11 Intensità di un’onda p. 32 1.12 Percezione sonora e scala dei decibel p. 34 1.13 Impedenza p. 36 1.14 Riflessione e trasmissione di onde elastiche. p. 37 1.15 Onde stazionarie p. 39 Cap 2 – Onde elettromagnetiche 2.1 Equazioni di Maxwell p. 44 2.2 L’equazione delle onde elettromagnetiche p. 47 2.3 Onde piane in un mezzo isolante p. 48 2.4 Energia e quantità di moto associate ad un’onda elettromagnetica p. 51 2.5 Riflessione e rifrazione all’interfac cia tra due dielettrici p. 54 2.6 La dispersione p. 56 2.7 Intensità delle onde riflesse e rifratte; formule di Fresnel p. 61 2.8 Onde elettromagnetiche nei conduttori p. 65 2.9 Irraggiamento elettromagnetico p. 69 4 2.10 Effetto Doppler con onde elettromagnetiche p. 7 3 Cap. 3 – Ottica ondulatoria 3.1 Interferenza con due sorgenti p. 7 5 3.2 L’esperimento di Young p. 7 8 3.3 L’interferometro di Michelson p. 8 2 3.4 Interferenza con più sorgenti p. 8 7 3.5 Interferenza in lamine sottili p. 90 3.6 Il prisma p. 9 3 3.7 Diffrazione p. 9 5 3.8 L’interferenza in presenza di diffrazione. p. 100 3.9 Polarizzazione p. 10 3 3.9.1 Cristalli dicroici p. 10 4 3.9.2 Cristalli birifrangenti p. 10 5 3.9.3 Lamine ritardatrici p. 10 7 3.9.4 Analisi dello stato di polarizzazione della luce p. 10 8 3.9.5 Altri tipi di birifrangenza p. 10 9 3.10 Attività ottica p. 1 11 3.11 Onde elettromagnetiche stazionarie p. 11 3 3.12 Fenomeni di diffusione (‘scattering’) p. 11 5 3.13 Elementi di ottica geometrica p. 11 8 3.13.1 Riflessione da una superficie sferica p. 11 8 3.13.2 Rifrazione da una superficie sferica p. 122 3.13.3 Lenti p. 124 3.13.4 Il microscopio p. 127 3.13.5 Il telescopio p. 128 3.13.6 L’occhio umano p. 129 3.13.7 Aberrazione cromatica p. 131 5 3.13.8 Ottica geometrica e algebra delle matrici p. 132 3.13 L’effetto fotoelettrico p. 1 35 Cap. 4 – Complementi 4.1 Cenni sui laser p. 1 38 4.2 Cenni di olografia p. 1 45 4.3 Comportamento ondulatorio delle particelle p. 1 48 6 Capitolo 1 – Onde meccaniche 1.1 Generalità sulle onde Un’ onda è una perturbazione di una proprietà fisica, periodica o impulsiva , ch e si propaga con una definita velocità. Le onde originano da una sorgente che produce la perturbazione. Esistono molti tipi di onde: onde di origine meccanica , come le onde elastiche (ad es. onde sonore in un gas ), o come le onde sismiche generate nei terremoti, o le onde sulla superficie di un liquido . Tutti questi tipi di onde si possono propagare solo in presenza di un mezzo e sono generate dalla vibrazione di una sorgente che mette in moto le particelle del m ezzo circostante. Ci sono poi le onde elettromagnetiche , generate da un moto di cariche elettriche; esse non hanno bisogno, per la loro propagazione, del supporto di un mezzo, ma possono propagarsi anche nel vuoto. Nella propagazione di un’ on da non si ha t rasporto netto di materia: gli atomi o le molecole del mezzo vengono posti in movimento ed oscillano attorno a delle posizioni di equilibrio. L’onda trasporta invece quantità di moto ed energia (e momento angolare) . L’onda viene descritta come la perturbazione, rispetto alla configurazione di equilibrio, di un campo opportuno; il campo può avere carattere scalare (ad es. campo di pressione per le onde sonore), o vettoriale (p.es. campo elettrom agnetico per le onde elettromagnetiche). Descriviamo la perturbazione del campo con una funzione delle coordinate spaziali x, y, z, e del tempo t: . Tale funzione può essere periodica , oppure impulsiva . Se comunque deve rendere conto di un fenomeno che si sposta con velocità v, occorre che le coordinate spaziali e temporali soddisfino a una condizione opportuna. Consideriamo per semplicità un’onda che si propaghi solo in una direzione ( x): dunque descrive il ‘profilo’ dell’onda e ad un istante fissato e nel punto di ascissa il campo ha il valore . Se l’onda si propaga nel verso positivo dell’asse delle x (onda progr essiva ), ad un istante successivo (figura 1 .1.1) ritroveremo il valore in una posizione tale per cui: . Se dunque dev’essere occorre che l’arg omento della funzione sia del tipo: . Infatti in questo caso: e ritroviamo il valore all’istante in corrispondenza ad un valore dell’ascissa spostato verso destra, come ci si aspetta in un fenomeno di propagazione. Figura 1.1 .1 ( )tz y x , , ,  ), ( tx  1t 1x ( )1 1 1 ,t x   = 1 2 t t  1 2x ) ( 1 2 1 2 t t v x x − + = ( )2 2 1 ,t x   = vt x− ( ) ( )   ( ) 1 1 1 2 1 2 1 2 2,     = − = − − + = vt x vt t tv x t x 1 2t 0  x (x,t1) (x,t2>t1) 7 Anche un argomento del tipo nell’espressione della funzione descrive un’onda, che tuttavia si propaga nel verso negativo dell’asse delle ascisse, come si riconosce immediatamente (onda regressiva). In conclusione, qualunque funzione del tipo descrive un’onda che si propaga con velocità v lungo l’asse delle x, in un verso o in quello opposto, senza deformarsi . Se la funzione ξ che descrive lo spostamento rispetto alla posizione di equilibrio è perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda, abbiamo un’onda trasversale , come p.es. le onde meccaniche su una corda tesa. Se lo spostamento è parallelo alla direzione di propagazione abbiamo un’onda longitudinale , come nel caso delle onde sonore nell’aria. Sebbene queste siano le situazioni più comuni, ci sono onde che non possono ridursi semplicemente a trasversali o longitudinali, come p.es. nel caso di onde acustiche flessionali nei pannelli acustici. Figura 1.1.2 – Esempi di onda longitudinal e (in alto ) e trasversal e (in basso ). L’onda si propaga da sinistra verso destra. 1.2 L’equazione delle onde Vediamo a quale equazione soddisfa una funzione del tipo . Deriviamo due volte rispetto alla variabile x: ; Deriviamo due volte rispetto al tempo: ; Dunque, vale l’equazione: (1.2.1) detta appunto equazione delle onde o di D’Alembert . In tre dimensioni si ottiene: vt x+ ), ( tx  ( )vt x  ( )vt x  '  =   x '' 2 2   =   x '  v t =   2 2 2 2 2 2 '' x v v t   = =      0 1 2 2 2 2 2 =   −   t v x   8 (1.2.2) ovvero, utilizzando l’operatore laplaciano: ⟚ⵁ⧱− ⵀ ⷴ⸹ ⸬⸹⸠ ⸬⸹ⷲ= ╽ (1.2.3) L’equazione è del secondo ordine, perché contiene derivate seconde. E’ omogenea (manca il termine noto), anche se questa condizione non è necessaria. L’equazione è lineare (la funzione compare, attraverso le sue derivate, solo alla prima potenza). Questo implica che, se e sono due possibili soluzioni dell’equazione, lo è anche una loro combinazione lineare: , con coefficienti (principio di sovrapposizione). Fisicamente significa che due o più onde possono attraversare lo stesso spazio contemporaneamente senza influenzarsi reciprocamente. P. es. voci di persone diverse che parla no contemporaneamente nello stesso luogo continuano ad essere riconoscibili come se ciascuna di esse fosse presente da sola. In presenza di onde di grande ampiezza il principio di sovrapposizione non vale più ed altre equazioni sostituiscono la (1 .2.1 ) o l a ( 1.2.2). Casi del genere si presentano p.es. in onde impulsive prodotte da esplosioni, oppure onde sulla superficie dell’acqua generate da terremoti (tsunami). 1.3 Alcune a ltre equazioni che descrivono fenomeni ondulatori. Vi sono anche altre equazioni che descrivono moti nello spazio e nel tempo. Anche se non avremo occasione d i usarle in questo corso, ne facciamo un breve cenno. L’equazione dell’avvezione . E’ un’equazione d’onda del primo ordine: ⧽⥠ (⥟⏬⥛) ⧽⥟ = − ╾ ⥝ ⧽⥠ (⥟⏬⥛) ⧽⥛ Descrive un tipo di trasporto non solo di energia ma anche di materia, come ad es. inquinanti trasportati da una corrente d’acqua, o polline in una corrente d’aria. L’equazione di Korteweg -de Vries . Si tratta di un’equazione d’onda non lineare, a causa del secondo termine: ⸬ⷷ (ⷶ⏬ⷲ) ⸬ⷲ = −▃⥠(⥟⏬⥛)⸬ⷷ (ⷶ⏬ⷲ) ⸬ⷶ + ⸬⸺ⷷ(ⷶ⏬ⷲ) ⸬ⷶ⸺ Descrive p.es. onde che si possono produrre in acque poco profonde (canali), dette solitoni (onde solitarie). Le sue soluzioni non obbediscono al principio di sovrapposizione, a causa della non linearità: durante un’interazione tra due solitoni, l’ampiezza totale non è la somma delle ampiezze originali. L’equazione di Schrödinger . E’ un’equazione del primo ordine nel tempo e del secondo ordine nell o spazio: 0 1 2 2 2 2 2 2 2 2 2 =   −   +   +   t v z y x      1 2 2 1   +  , 9 ⥐⥏ ╿⧳ ⧽⥠ (⥟⏬⥛) ⧽⥛ = − ⥏ⵁ ▅⧳ⵁ⥔ ⧽ⵁ⥠(⥟⏬⥛) ⧽⥟ⵁ + ⥃⥠ (⥟⏬⥛) Descrive il comportamento di una particella di massa m sotto l’azione di un campo di forze rappresentato dall’energia potenziale V. La presenza dell’unità immaginaria implica che le ‘onde ’ soluzioni dell’equ azione sono funzioni complesse che non hanno un diretto significato fisico. Il modulo quadro della funzione d’onda è associato alla probabilità di trovare la particella in un dato volume di spazio. Tornando all’equazione di D’ Alembert, che per semplicità consideriamo monodimensionale , siccome entrambe le funzioni ⧱(⥟− ⥝⥛ ) e ⧱(⥟+ ⥝⥛ ) sono soluzioni dell’equazione, la soluzione generale è una loro combinazione lineare. Imponendo opportune condizioni si può fare in modo che comp aia solo un’onda progressiva ovvero regressiva. 1.4 Onde piane armoniche Studiamo un tipo partico lare di onda , l’onda armonica : ovvero Le due rappresentazioni sono ovviamente equivalenti, in quanto seno e coseno sono la stessa funzione sfasata di . La costante è detta ampiezza dell’onda; la costante k è necessaria per ragioni dimensionali (l’ar gomento di una funzione trigonometrica non può avere dimensioni), è l’inverso di una lunghezza ed è detta numero d’onda . Solitamente si scrive, inserendo il numero d’onda all’interno della parentesi: (1.4.1 ) ovvero (1.4.2 ) e la grandezza (1.4.3 ) è detta pulsazione dell’onda armonica (più semplicemente ma con abuso di linguaggio , ‘frequenza’, anche se la frequenza è la pulsazione divi sa per 2π) . Ragioniamo in termini della funzione seno (1.4.1). Se fissiamo un istante di tempo e ‘facciamo una fotografia’ della funzione, vediamo che essa è una sinusoide lungo l’asse delle x. Il suo periodo spaziale è dato dalla minima distanza tra due coordinate e in corrispondenza delle quali la funzione assume lo stesso valore: ) ( sin ), ( 0 vt x k tx − =  ) ( cos ), ( 0 vt x k t x − =  2/  0 ) sin( ), ( 0 t kx t x    − = ) cos( ), ( 0 t kx tx    − = kv=  1t  1x 2x ) sin( ) sin( 1 1 0 1 2 0 t kx t kx     − = − 10 e ciò è possibile se gli argomenti delle due fun zioni seno differiscono per : che fornisce: (1.4.4 ) Se ora fissiamo un punto di coordinata la funzione mostra le variazioni temporali che si hanno in corrispondenza di , variazioni sempre sinusoidali. Il periodo temporale della funzione T è la minima differenza tra due istanti di tempo e in corrispondenza dei quali la funzione assume lo stesso valore. Ragionando come in precedenza troviamo: da cui: (1.4.5 ) Ricordando la definizione di frequenza troviamo che e utilizzando le ( 1.4.3) e (1.4.4 ) otteniamo: (1.4.6 ) Questa è un’importante relazione che lega tra loro frequenza, lunghezza d’onda e velocità dell’onda. L’argomento della funzione seno, , è detto fase dell’onda; in termini più generali può scriversi come: essendo un angolo qualunque, detto fase iniziale . Il suo significato lo si desume per ; in tal caso la funzione d’onda assume il valore , diverso in generale da zero. Le onde del tipo sono dette piane (e armoniche) in quanto la fase dell’onda, , ad un dato istante è costante in tutti i punti x = costante, che rappresenta nello spazio un piano ortogonale all’asse x. In generale definiamo fronte d’onda una superficie su cui la fase dell’onda è costante ad un dato istante. Il fronte d’onda si sposta con la velocità di propagazione dell’onda. La linea ortogonale al fronte d’onda in un dato punto rappresenta, in quel punto, la direzione di propagazione del l’onda e 2    2 1 1 1 2 + − = − t kx t kx k x x   2 1 2 = − = 1x ) sin( 1 0 t kx   − 1x 1t 2t 1 1 2 1 2 t kx t kx    − = + −  2 1 2 = − = t t T T f 1 =   2 =f v f=  t kx −   + − t kx  0= =t x   sen0 ) sen(0 t kx    − = t kx − 11 dell’energia ad essa associata; tale linea prende il nome di raggio . Le onde piane sono un modello matematico, non esistono in realtà, in quanto nessuna onda reale si propaga mantenendo un’ampiezza costante. Esse tuttavia sono un’importante appros simazione delle onde reali se le consideriamo ‘sufficientemente distanti’ dalla sorgente. Chiariremo questo punto parlando di un altro modello di onda, più realistico, l’onda sferica. Nel caso tridimensionale l’espressione precedente si generalizza co nsiderando un vettore d’onda k orientato lungo la direzione di propagazione dell’onda: ⧱= ⧱ⴿ⥚⥌⥕ (⪜▹⪣− ⧼⥛ ) Anche le onde armoniche sono un modello matematico: in genere l’onda emessa, anche se periodica, è ben lontana dall’essere armonica. Durante il corso, tuttavia, ci riferiremo quasi esclusivamente ad onde armoniche. Infatti, qualunque onda, periodica o impu lsiva, può essere ‘costruita’ a partire da onde armoniche sfruttando il teorema di Fourier. Un altro im portante commento riguarda la ( 1.4.6 ): vi sono casi in cui la velocità dell’onda monocromatica non dipende dalla frequenza dell’onda. Esempi importanti sono le onde elettromagnetiche che si propagano in vuoto o le onde sonore che si propagano in aria. Se così non fosse, i diversi suoni emessi a differenti frequenze da una sorgente ( p.es. una persona che ci sta parlando a una certa distanza) arriverebbero con ritardi temporali diversi da quelli con cui sono partiti, con problemi di intelligibilità. Ma in molti altri casi la velocità è dipendente dalla frequenza dell’onda, come nel caso delle onde luminose che si propagano in un mezzo trasparente: v = v(f); in questo caso parliamo di dispersione e il mezzo è detto dispersivo. La scomposizione di un fascetto di luce bianca nei diversi colori quando lo si fa passare attraverso un prisma è un esempio del fenomeno della dispersione, sul quale torneremo più avanti . 1.5 R appresentazione complessa di un’onda . In alcuni casi è conveniente adottare una rappresentazione di un’onda in termini di funzione complessa (nel senso dei numeri complessi). Ci si basa sulle formule di Eulero, che pongono in relazione la funzione esponenziale e quelle trigonometriche: ⥌ⷧ⸓ = ⥊⥖⥚⧤ + ⥐⥚⥌⥕⧤ o, inversamente: ⥊⥖⥚⧤ = ⷣ⻟⼋ⵉⷣ⹂⻟⼋ ⵁ ; ⥚⥌⥕⧤ = ⷣ⻟⼋ⵊⷣ⹂⻟⼋ ⵁⷧ Naturalmente, l’onda fisica è una quantità reale, quindi interpretiamo la funzione complessa: ⧱= ⧱ⴿ⥌⥟⥗ [⥐(⥒⥟ − ⧼⥛ )] nel senso di considerare la sua parte reale, in termini di coseno. E se volessimo una funzione seno? Ricordiamo che il seno è il coseno sfasato di π/2. Quindi basta considerare un inessenziale fattore di fase nell’espressione complessa. Vedremo il vantaggio di tale rappresentazione quando si tratterà di sommare diverse funzioni armoniche. 12 1.6 Analisi di Fourier Il teorema di Fourier permette di esprimere una qualunque funzione periodica tramite una serie di funzioni armoniche. Per comprendere come questo sia possibile, consideriamo un caso concreto: una funzione periodica del tipo ‘onda quadra’, rappresentata in fig. 1.6.1: Figura 1. 6.1 che si estende lungo l’asse x (da -∞ a +∞) ed ha un periodo spaziale 2 L. Consideriamo ora la sinu soide rappresentata in fig. 1. 6.2: Figura 1. 6.2 avente lo stesso periodo dell’onda quadra. Notiamo che essa si annulla dove si annulla la funzione di partenza. Non è certamente una buona approssimazione dell’onda quadra: le sue v ariazioni non sono a gradino, ad es. Inoltre, l’onda armonica supera l’onda quadra nei massimi e minimi, e ne risulta inferiore negli altri intervalli. Supponiamo, nel tentativo di migliorare l’approssimazione, di aggiungere una seconda sinusoide, come in fig. 1.6.3 13 Figura 1. 6.3 e scegliamola in modo che si annulli sempre dove si annulla l’onda quadra. Ha frequenza spaziale tripla della sinusoide ‘fondamentale’ , mentre la sua ampiezza è 1/3. Quando consideriamo la loro somma: Figura 1. 6.4 e la confrontiamo con l’onda quadra, vediamo che vi sono oscillazioni intorno al valore costante di quest’ultima, ma l’approssimazione è migliorata, in quanto le differenze sono diminuite e la funzione approssimante varia più rapidamente in corrispondenza dei g radini presenti nell’onda quadra. A questo punto possiamo andare avanti con l’aggiunta di altre sinusoidi che, in questo particolare esempio, hanno frequenze multiple dispari d ella fondamentale e ampiezze de crescenti. La fig ura 1.6.5: Figura 1.6.5 mostra la somma di tre sinusoidi: la funzione risultante riproduce, rozzamente, il comportamento dell’onda quadra. Aggiungendo opportune sinusoidi, si può migliorare l’approssimazione: con 16 termini abbiamo il risultato in fig ura 1. 6.6 14 Figura 1.6.6 Con 64 ter mini il risultato in fig ura 1.6.7: Figura 1.6.7 In pratic a, ‘a occhio’, n otiamo che la differenza con l’onda quadra è solo nei punti in cui quest’ultima mostra la discontinuità a gradino. Si intuisce che, matematicamente, si otterrebbe esattamente l’onda quadra sommando infiniti termini: è quello che stabilisce il teorema di Fourier. Nel caso di una funzione X(x) con periodicità spaziale: ⥅(⥟)= ⤮ⴿ+ ◎ [⤮ⷬ⥊⥖⥚ (ⵁ⸢ⷬⷶ ⵁⷐ )+ ⤯ⷬ⥚⥐⥕ (ⵁ⸢ⷬⷶ ⵁⷐ )] (1.6.1) Mentre nel caso di una funzione periodica nel tempo: ⥁(⥛)= ⤮ⴿ+ ◎ [⤮ⷬ⥊⥖⥚ (ⵁ⸢ⷬⷲ ⷔ )+ ⤯ⷬ⥚⥐⥕ (ⵁ⸢ⷬⷲ ⷔ )] (1.6.2) I coefficienti An e Bn sono le ampiezze delle sinusoidi componenti. Nel nostro esempio comparivano solo sinusoidi, mentre nelle formule ci sono anche termini in coseno: questo dipende dalla eventuale simmetria della funzione di partenza. Se la funzione è dispari, cioè cambia se gno passando da x a – x, occorre rappresentarla con funzioni trigonometriche dispari, quindi sinusoidi. E’ il caso dell’onda quadra che abbiamo esaminato. Un altro esempi o è l’onda triangolare, in figura 1. 6.8 15 Figura 1. 6.8+ Ma possiamo avere funzioni periodiche pari: ad es. se innalziamo e tr asliamo opportunamente l’onda t riangolare: Figura 1. 6.9 otteniamo una funzione pari. E’ chiaro che avremo bisogno di funzioni armoniche componenti con la stessa parità della funzione che vogliamo rappresentare, q uindi ci serviremo di coseni: nella serie di Fourier mancheranno i termini in seno. E, in generale, la funzione periodica di partenza può non essere né pari né dispari e in questo caso dovremo ‘mescolare’ funzioni di opposta parità: quindi compariranno nel la serie sia il seno che il coseno. Da un punto di vista operativo, abbiamo bisogno di calcolare le ampiezze delle funzioni armoniche, cioè i coefficienti An e Bn. Per fortuna, sfruttiamo una proprietà di ortogonalità delle funzioni armoniche: se integria mo su un periodo il prodotto di due seni o di due coseni con differente periodo, otteniamo zero. Anche l’integrale su un periodo del prodotto di un seno per un coseno dà zero. Considerando il caso di periodicità spaziale: ╾ ╿⤹⾼ ⥚⥐⥕ (⥕╿⧳⥟ ╿⤹ ) ⷐ ⵊⷐ ⥚⥐⥕ (⥔ ╿⧳⥟ ╿⤹ )⥋⥟ = ⽨ ╾ ╿ ⏬⥕ = ⥔ ╽⏬⥕ ≠ ⥔ ╾ ╿⤹⾼ ⥊⥖⥚ (⥕╿⧳⥟ ╿⤹ ) ⷐ ⵊⷐ ⥊⥖⥚ (⥔ ╿⧳⥟ ╿⤹ )⥋⥟ = ⽨ ╾ ╿ ⏬⥕ = ⥔ ╽⏬⥕ ≠ ⥔ 16 ╾ ╿⤹⾼ ⥚⥐⥕ (⥕╿⧳⥟ ╿⤹ ) ⷐ ⵊⷐ ⥊⥖⥚ (⥔ ╿⧳⥟ ╿⤹ )⥋⥟ = ╽ A questo punto, se moltiplichiamo la (1 .6.1) per ⥊⥖⥚ (ⷬⵁ⸢ⷶ ⵁⷐ ) e integriamo su un periodo, troviamo: ⤮ⷬ= ⵀ ⷐ⟷ ⥅(⥟)⥊⥖⥚ (ⷬⵁ⸢ⷶ ⵁⷐ )⥋⥟ ⷐ ⵊⷐ (1.6.3) Analogamente se moltiplichiamo per ⥚⥐⥕ (ⷬⵁ⸢ⷶ ⵁⷐ ) e integriamo su un periodo: ⤯ⷬ= ⵀ ⷐ⟷ ⥅(⥟)⥚⥐⥕ (ⷬⵁ⸢ⷶ ⵁⷐ )⥋⥟ ⷐ ⵊⷐ (1.6.4) Cosa rappresenta il termine A0 che compare nelle (1 .6.1) ovvero ( 1.6.2) e che si ottiene dalla precedente ( 1.6.3) per n = 0? E’ il valore medio della funzione X, come si riconosce immediatamente dalla definizione di valore medio. Ovviamente, se partiamo da una funzione a valor medio nullo, come nel caso dell’onda quadra, A0 = 0. L’analisi effettuata in termini di seno e coseno può essere svolta in modo equivalen te riferendosi alla rappresentazione complessa delle onde armoniche. La serie in forma esponenziale diviene: ⥅(⥟)= ⿘ ⤰ⷬ⥌ⷧ[ⷬⵁ⸢ⷶ ␋(ⵁⷐ)] ⷁ ⷬⵋⵊⷁ con ⤰ⷬ= ╾ ╿⤹⾼ ⥅(⥟)⥌ⷧ[ⷬⵁ⸢ⷶ ␋(ⵁⷐ)]⥋⥟ ⷐ ⵊⷐ Perché nella serie di Fourier compaiono sol o frequenze discrete? In al tri termini, perché ci sono solo frequenze (spaziali, nell’esempio) multiple intere di 2π/(2 L))? Perché solo in questo caso è garantito che ogni funzione armonica si annulli dove si annulla la funzione che vogliamo rappresentare. In ogni altro caso la funzione armonica non si annullerebbe nella ‘posizione giusta’ e non porterebbe a una rappresenta zione fedele della funzione di partenza. Finora abbiamo considerato onde periodiche, ma sappiamo che abbiamo anche onde impulsive. Possiamo rappresentarle con un’analisi di Fourier? La risposta è positiva, solo che invece di una serie abbiamo un integrale di Fourier. Consideriamo la seguente funzione, periodica di periodo 2 L: 17 Figura 1. 6.10 Il suo ‘spettro di frequenza’, ossia la dipendenza dell’ampiezza della componente di Fourier dalla frequenza, è rappresentato in fig ura 1. 6.11 : Figura 1. 6.11 Notiamo che la spaziatura (= variazione in frequenza) tra le componenti adiacenti vale 2 π/(2 L). Immaginiamo di voler rappresentare un impulso come quello mostr ato in fig ura 1. 6.12 : Figura 1. 6.12 Potremmo pensare di ottenerlo come un limite della funzione periodica, aumentando il periodo 2 L. Ma questo diminuirebbe la spaziatura tra le frequenze delle funzioni armoniche. Al limite, per 2 L → ∞, questa spaziatura diverrebbe infinitesima e la frequenza varierebbe con continuità. Si intuisce quindi (ma lo si dim ostra matematicamente) che la rappresentazione di Fourier di una funzione aperiodica X(x) è: ⥅(⥟)= ╾ ◉╿⧳⾼ ⤸(⥒)⥌ⷧⷩⷶ ⷁ ⵊⷁ ⥋⥒ dove k = 2 π/λ è la frequenza spaziale, che varia con continuità. La funzione K(k) è detta la trasformata di Fourier della X(x ): ⤸(⥒)= ╾ ◉╿⧳⾼ ⥅(⥟)⥌ⵊⷧⷩⷶ ⷁ ⵊⷁ ⥋⥟ Calcoliamo come esempio la trasformata di Fourier dell’impulso rettangolare, supponendo che abbia ampiezza A e si estenda per un intervallo 2 L centrato sull’origine. La trasformata K diviene, nel caso specifico: 18 ⤸(⥒)= ╾ ◉╿⧳⾼ ⥅(⥟)⥌ⵊⷧⷩⷶ ⷁ ⵊⷁ ⥋⥟ = ╾ ◉╿⧳⾼ ⤮⥌ⵊⷧⷩⷶ ⷐ ⵊⷐ ⥋⥟ = ╾ ◉╿⧳⤮ ╾ −⥐⥒ [⥌ⵊⷧⷩⷐ − ⥌ⷧⷩⷐ ]= = ╾ ◉╿⧳ ╿⤮ ⥒ [⥌ⷧⷩⷐ − ⥌ⵊⷧⷩⷐ ╿⥐ ]= ╾ ◉╿⧳ ╿⤮ ⥒ ⊠⊖⊛ (⥒⤹ )= ╾ ◉╿⧳⤮(╿⤹)⊠⊖⊛ (⥒⤹ ) ⥒⤹ dove nel penultimo passaggio si è usata la formula di Eulero per rappresentare il seno. La trasformata è rappresentat a in figura 1.6.13 : Figura 1. 6.13 E’ interessante osservare cosa succede se allarghiamo l’impulso di partenza, aumentando L: la trasformata si restringe, come si nota dalla figura seguente Fig ura 1 .6.14 e la sua altezza aumenta. Vale natur almente il viceversa: più restringiamo la funzione di partenza più allarghiamo la sua trasformata. Se lo spettro diviene molto stretto, la funzione nel dominio dello spazio o del tempo deve essere molto estesa. Questo ci fa comprendere perché non possiamo in pratica generare una sinusoide pura (onda monocromatica): il suo spettro di Fourier consisterebbe di una sola componente, ma questo richiederebbe una funzione senza inizio e senza fine sia nello spazio che nel tempo . Nel caso di un segnale reale che si estenda per un intervallo di tempo Δt , il suo spettro di frequenza avrà un’ampiezza dell’ordine di 1/ Δt . Esiste in altri termini un ‘principio di indeterminazione’ che stabilisce che il prodotto dei due intervalli , di frequenza e di tempo , deve soddisfare alla relazione: 19 ΔωΔt ≈ 2π Nel dominio spaziale: ΔxΔk ≈ 2π Due commenti prima di lasciare l’argomento: - l’analisi di Fourier è importantissima dal punto di vista pratico. Anche se non possiamo rappresentare esattamente una funzione (occorrerebbero infiniti termini nella serie), possiamo troncare la serie a un termine opportuno, commettendo un errore che pu ò essere reso inferiore a un valore prefissato. In questo modo possiamo ad es. scomporre un suono in componenti armoniche; o, viceversa, sintetizzare artificialmente un suono sommando un numero adeguato di armoniche. Questo è il principio su cui si basano gli strumenti musicali elettronici. Possiamo naturalmente scomporre un rumore in modo da individuare le armoniche più importanti e eliminarle utilizzando una tecnica di interferenza distruttiva: si costruisce un ‘contro -rumore ’ che tende a compensare il rumore dato. Su questo principio sono basate le cuffie a controllo ‘attivo’ del rumore. - anche se ci siamo basati sulle funzioni trigonometriche, si potrebbe generalizzare il discorso usando una qualunque ‘base’ di funzioni ortogonali (l’ortogonalità è ess enziale per dedurre le ampiezze delle componenti). Su questo principio si basano molte applicazioni dell’analisi di Fourier che non fanno uso necessariamente delle funzioni trigonometriche, ma, a seconda dei casi, di funzioni più appropriate (p.es. per ess ere implementate in opportuni algoritmi). 1.7 Onde sferiche In problemi di propagazione in cui non si manifesti una direzione privilegiata siamo in presenza di simmetria sferica: le variabili dipendono solo dalla distanza r dalla sorgente. In questo caso, invece di coordinate cartesiane, conviene usare coordinate sferiche. Vediamo che forma assume l’equazione di D’Alembert. Supporremo che ξ = ξ(r,t ). Il Laplaciano in coordinate sferiche assume la forma: ⟚ⵁ= ╾ ⥙ⵁ ⧽ ⧽⥙ (⥙ⵁ ⧽ ⧽⥙ ) (non consideriamo la dipendenza dalle coordinate angolari) e l’equazione diviene : ╾ ⥙ⵁ ⧽ ⧽⥙ (⥙ⵁ ⧽ ⧽⥙ )⧱= ╾ ⥝ⵁ ⧽ⵁ⧱ ⧽⥛ⵁ Consideriamo adesso la funzione F così definita: F = rξ e vediamo a quale equazione soddisfa. Sostituendo nella precedente: 20 ╾ ⥙ⵁ ⧽ ⧽⥙ (⥙ⵁ ⧽ ⧽⥙ )⤳ ⥙ = ╾ ⥝ⵁ ⧽ⵁ⤳␋⥙ ⧽⥛ⵁ e svolgendo le derivate: ╾ ⥙ ⧽ⵁ⤳ ⧽⥙ⵁ= ╾ ⥝ⵁ ╾ ⥙ ⧽ⵁ⤳ ⧽⥛ⵁ (il fattore 1/ r viene portato fuori dalla derivata temporale, non dipendendo esplicitamente dal tempo). Dunque, semplificando, la funzione F soddisfa all’equazione di D’ Alembert monodimensionale in r, e quindi è del tipo: F(r ± vt). Pertanto, tornando alla nostra funzione ξ, essa è della forma: ⧱= ⸠⸷ ⷰ⥚⥌⥕ (⥒⥙ − ⧼⥛ ) (1. 7.1) considerando per semplicità soluzioni armoniche. Queste onde sono dette sferiche perché le superfici equifase sono sfere: a un dato istante, la fase è la stessa per r = cost. Notiamo la differenza fondamentale rispetto alle onde piane: l’ampiezza non è cos tante, ma decresce con l’inverso della distanza dalla sorgente. Immaginiamo ora di essere a ‘grande ’ distanza dalla sorgente ( r >> λ ): se consideriamo una determinata direzione di propagazione, notiamo che la curvatura della superficie equifase (sferica) diviene poco pronunciata e la superficie stessa si può confondere con il suo piano tangente. Inoltre, spostandosi di una distanza pari a una lunghezza d’onda, ⸠⸷ ⷰⵉ⸝≈ ⸠⸷ ⷰ e quindi l’ampiezza dell’onda non varia in modo significativo. Pertanto l’onda può considerarsi piana, con buona approssimazione. Le onde piane sono quindi approssimazioni di onde sferiche a sufficiente distanza dalla sorgente. 1.8 Vel ocità di gruppo Abbiamo detto che un’onda reale non è mai monocromatica pura, ma è piuttosto ottenuta dalla sovrapposizione di componenti monocromatiche . Immaginiamo un ‘pacchetto’ d’onde che si propaghi: qual è la sua velocità? Nel caso del vuoto (onda elettromagnetica) o di un mezzo non dispersivo, la velocità del pacchetto (che chiamiamo velocità di gruppo, cioè del ‘gruppo’ di onde che lo compongono ) coincid e con quella delle sue componenti, che chiameremo velocità di fase: v = ω/k . Come definiamo la velocità di gruppo nel caso di dispersione? In questo caso infatti ogni componente monocromatica è caratterizzata dalla sua velocità. Consideriamo un caso ideale : un ‘pacchetto’ formato da due sole componenti monocromatiche, caratteri zzate da frequenze molto simili e uguale ampiezza: ) sen( 1 1 0 1 t x k    − = 21 con ⧼ⵀ= ⧼ − ⶇⶴ ⵁ ; ⧼ⵁ= ⧼ + ⶇⶴ ⵁ (Δω è la differenza tra le due frequenze). Se utilizziamo l’identità trigonometrica: possiamo esprimere l’onda risultante nel seguente modo: Se usiamo i valori medi: , possiamo riscrivere l’onda risultante come segue: ⧱= ╿⧱ⴿ⥊⥖⥚ [Δ⥒ ╿ ⥟− Δ⧼ ╿ ⥛]⥚⥌⥕ (⥒⥟ − ⧼⥛ ) (Δk = k2 – k1), che è un’onda armonica (fattore seno) con frequenza e lunghezza d’onda pari alla media aritmetica delle grandezze corrispondenti delle onde componenti. La sua ampiezza , tuttavia non è costante ma varia nel tempo con frequenza pari alla semidifferenza dell e frequenze delle componenti. Nella figura seguente vediamo le due componenti, che periodicamente risultano in fase e in opposizione di fase, e l’onda risultante. Figura 1. 8.1 La velocità con cui varia l ’inviluppo , ossia la velocità d el gruppo d’onde , con cui si muove il pacchetto d’onde, è data da: ⥝ⷥ= ◊⧼ ◊⥒ ) sen( 2 2 0 2 t x k    − = 2 cos 2 sen2 sen sen       − + = +     + − +     − − − = + = t x k k t x k k 2 2 sen 2 2 cos 2 2 1 2 1 2 1 2 1 0 2 1         2 2 1 k k k + = 2 2 1    + = 22 Generalizzando al caso di una distribuzione continua di componenti monocromatiche su un certo intervallo di frequenze, avremo: ⥝ⷥ= ⷢ⸫ ⷢⷩ (1. 8.1) che coincide con la velocità di fase nel caso in cui questa sia costante. In presenza di dispersione, nota la relazione tra frequenza e lunghezza d’onda (o numero d’onda), si può ricavare la velo cità di gruppo. 1.9 Esempi di onde meccaniche 1.9.1 Onde su una corda tesa Consideriamo una corda tesa lungo l’asse delle x e spostiamola di poco dalla sua posizione di equilibrio. Sia la funzione che descrive lo spostamento; mostriamo che soddisfa all ’equazione di D’Alembert . Sia dl un elementino di corda sottoposto ai suoi estremi alla tensione T, la quale forma con l’asse x gli angoli e (figura 1.9.1 ). Figura 1 .9.1 Le componenti della forza sono: ; . e sono piccoli, per l’ipotesi di piccole perturbazioni, per cui: , . Infatti, lo sviluppo al primo ordine implica che . Quindi , mentre: . ), ( tx   ' ) cos ' (cos   − =T Fx ) sen ' (sen   − =T Fy  ' 1 ' cos cos     dx x   −  −      tan tan ' tan sen ' sen dx x  + =    tan tan ' tan 0=xF dx x T Fy   =  tan 23 Ma , per cui . Uguagliamo la forza così ottenuta al prodotto della massa del tratto di corda dl per l’accelerazione; la massa è , essendo S la sezione della corda e la sua densità di volume, mentre l’accelerazione: . In conclusione si ottiene: = ovvero: ⸬⸹⸠ ⸬ⷶ ⸹= ⸱⷗ ⷘ ⸬⸹⸠ ⸬ⷲ⸹= ⸞ ⷘ ⸬⸹⸠ ⸬ⷲ⸹ (1.9.1 ) essendo μ la densità lineare di massa (massa per unità di lunghezza della corda; si misura in kg/m). Troviamo quindi che la legge di Newton si ‘trasfor ma’ nell’equazione delle onde ( 1.2. 1), e la velocità con cui si propaga l’onda sulla corda è data da: ⥝ = √ⷘ ⸞ , come si ottiene confrontando la (1.9.1 ) con la ( 1.2.1 ). Lo spostamento dalla posizione di equilibrio ( ) è perpendicolare alla direzione di propagazione ( x): si tratta quindi di onde trasversali . Si noti che tale condizione discende dal fatto che la componente della forza in direzione del moto, , è nulla, una conseguenza dell’ipotesi di piccole perturbazioni. Se si dà uno spostamento grande si generano anche onde parallele alla direzione di propagazione (onde longitudinali ). Un esempio di onde longitudinali si ha per le onde sonore in un gas. 1.9. 2. Onde longitudinali lungo una barra solida. Se produciamo un disturbo all’estremità di una barra solida, p.es. colpendola con un martello, il disturbo si propaga lungo la barra e alla fine si ritrova all’estremo opposto. Consideriamo dunque una barra di sezione uniforme A, soggetta a una forza F lun go il suo asse, che può variare lungo l’asse. x  =   tan dx x T Fy 2 2   =  Sdx Sdl dm    =  2 2 t a   =  dx x T 2 2    Sdx 2 2 t    xF 24 Figura 1.9.2.1 Chiamiamo sforzo normale S la forza per unità di sezione: S = F/A E’ espresso in N m -2; è equivalente a una pressione. Sotto l’azione del campo di forze ciascuna sezione subisce uno spostamento ξ, parallelo all’asse. Supponiamo che ξ vari lungo l’asse, ci sia cioè una deformazione: ξ = ξ (x). Consideriamo due sezioni A ed A’, separate da una distanza d x in condizioni indis turbate. Figura 1.9.2.2 Sotto l’azione del campo di forze le due sezioni A e A‘ si sposteranno di una distanza ξ e ξ’, rispettivamente. La separazione tra le due sezioni, nello stato deformato, è dunque: dx + (ξ’ – ξ) = dx + dξ La deformazione della barra in quel tratto è dunque d ξ. Si definisce deformazione normale ε la deformazione per unità di lunghezza. Dunque: ε = dξ/dx. E’ una quantità adimensionale. Se rimaniamo in un campo di piccoli sforzi, cioè in un limite elastico, vale la legge di Hooke, che stabilisce una proporzionalità tra sforzi e deformazioni: S = Y ε 25 La costante di proporzionalità Y è detta modulo di Young e di misura in Nm -2 (= Pa). Tan to per avere un’idea, il modulo di Young per l’acciaio è pari a 2 10 11 Pa. Tornando alla forza: F = AS = AYε = AY dξ/dx La forza netta sull’elementino definito dalle due sezioni A e A’ ( figura 1.9.2.2 ) è: F’ – F = d F = ⸬ⷊ ⸬ⷶ dx = ⤮⥆⥋⥟ ⸬⸹⸠ ⸬ⷶ⸹ Se la barra ha una densità ρ, la massa della sezione d m = ρA dx e la sua accelerazione è ⸬⸹⸠ ⸬ⷲ⸹ . Quindi, applicando la legge di Newton, scriviamo l’equazione del moto della sezione: ⧽⤳ ⧽⥟ ⥋⥟ = (⨂⤮⥋⥟ )⧽ⵁ⧱ ⧽⥛ⵁ ossia ⧽⤳ ⧽⥟ = (⨂⤮ )⧽ⵁ⧱ ⧽⥛ⵁ Ricordando la precedente espressione della forza in funzione dello spostamento ξ, ricaviamo: ⧽ⵁ⧱ ⧽⥟ⵁ= ⧴ ⥆ ⧽ⵁ⧱ ⧽⥛ⵁ Questa è un’equazione delle onde: il campo di spostamenti si propaga lungo la barra con una velocità pari a √ⷝ ⸣ . Si tratta di onde longitudinali. Questo risultato viene confermato sperimentalmente misurando indipendentemente velocità, densità e modulo di Young. Anche la forza soddisfa alla stessa equazione e si propaga con la stessa velo cità. Lo si verifichi. 1.9. 3. Onde trasversali in una barra. E’ possibile generare anche onde trasversali in una barra, colpendola trasversalmente. Con riferimento alla fig ura 1.9.3.1 , sia ξ lo spostamento trasversale di una sezione d x a un dato istante. Figura 1.9.3.1 Assumiamo che ciascuna sezione della barra si muova su e giù, senza spostamento longitudinal e. Ciascuna sezione è soggetta a forze tangenti alla superficie; la forza per unità di superficie in questo caso è detta sforzo di taglio: 26 S= F/A La deformazione di taglio (adimensionale) : ⧦= ⧽⧱ ⧽⥟ è lo spostamento trasversale per unità di lunghezza. Nel limite elastico, si ha una relazione lineare tra sforzo e deformazione: S = Gγ dove il modulo di taglio G (in Pa) è un coefficiente caratteristico di ogni materiale. Dunque: ⤳ = ⤮⤴ ⧽⧱ ⧽⥟ La forza risultante sulla sezione: ⤳′− ⤳ = ⥋⤳ = ⧽⤳ ⧽⥟ ⥋⥟ La massa della sezione è ρA dx e l’equazione di moto nella direzione trasversale è: ⧽⤳ ⧽⥟ ⥋⥟ = (⨂⤮⥋⥟ )⧽ⵁ⧱ ⧽⥛ⵁ Derivando la precedente espressione per F: ⧽⤳ ⧽⥟ = ⤮⤴ ⧽ⵁ⧱ ⧽⥟ⵁ e sostituendo: ⧽ⵁ⧱ ⧽⥟ⵁ= ⨂ ⤴ ⧽ⵁ⧱ ⧽⥛ⵁ ritroviamo l’equazione delle onde: la deformazione trasversale si propaga lungo la barra con velocità pari a √ⷋ ⸣ . Abb iamo dunque visto che in una barra (in genere in un solido) possono propagarsi sia onde longitudinali che trasversali. Che relazione c’è tra le rispettive velocità? Si può dimostrare che quella longitudinale è più alta di quella trasversale. Empiricamente, lo si ricava subito dalla seguente tabella: 27 1.9. 4. Onde sonore in un gas Consideriamo del gas contenuto in un lungo tubo, di sezione unitaria, disposto nella direzione x, e siano e la densità e la pressione del gas all’equilibrio. All’estremità del tubo variamo la pressione del gas tramite una sorgente (ad es. un pistone) che oscilli periodicamente; si otterrà una variazione locale di pressione e di densità, che verranno successivamente trasmess e al resto del gas. Nell’ipotesi di piccole variazioni: , . Indichiamo come al solito con il generico spostamento dalla posizione di equilibrio. Sia la massa di gas compresa tra due sezioni passanti per i punti di coordinate x e (figura 1.9.4.1 ). Figura 1.9. 4.1 In conseguenza della perturbazione la massa dm subisce uno spostamento e all’istante t la si ritrova tra i piani passanti per i punti: x + ed + , per cui la sua dimensione lineare sarà: + - x - = . (Lo sviluppo al primo ordine di ). La densità cambia, in quanto la stessa massa occupa un volume diverso: 0 0p    d+ = 0 dp p p + = 0 ), ( tx  dx dm 0 = dx x+ ), ( tx  dx x+ ( )t dx x , +  dx x+ ( )t dx x , +  ), ( tx  dxx dx   +  dxx t x t dx x   + = +    ), ( ), ( ( ) dx x d d x dxx dx d dm       + +   + =      + + =          0 0 0 28 Ricordando che si ottiene: Ossia: (1.9.2 ) in quanto le variazioni di densità sono piccole. Per quanto riguarda la pressione, possiamo trovarne la variazione a partire dalla definizione del modulo di compressibilità: (1.9.3 ) Siccome la mas sa costante, differenziando risulta: , ossia: . Sostituendo, otteniamo: Allora: , dove abbiamo utilizzato la ( 1.9.2 ), per cui (1.9.4 ) La variazione di pressione provoca un moto del gas, in quanto è numericamente uguale alla forza agente sulla massa dm (ricordiamo che la sezione è unitaria); quindi la forza complessivamente agente sulle due sezioni può scriversi come: Uguagliando la forza al prodotto della massa contenuta tra le sezioni unitarie per l’accelerazione si trova: dx dm 0 = ( ) dx x d x       − + +   =       0 0 0 x x d   −   −=      0 dV dp V−=  = = V m  0= + dV Vd    d V dV −=    d dp = x d p p dp   −= = − =      0 0 x p p   − =   0 dx x dxx p t dx x p t x p 2 2 ), ( ), (   =  −= + −   2 2 t   2 2 0 2 2 2 2 t dx t dm dx x   =   =        29 ossia: (1.9.5 ) Pertanto lo spostamento della massa dalla posizione di equilibrio soddisfa all’equazione ( 1.2.1). Deduciamo che lungo il gas si propaga un’onda di spost amento con velocità . Se le compressioni ed espansioni sono rapide il gas, schematizzato come ideale, non ha tempo per scambiare calore con l’ambiente circostante; per cui l’onda si propagherà in condizioni adiabatiche . Se inoltre consideriamo il gas prossimo all’equilibrio, potremo utilizzare l’equazione: costante; se la riscriviamo equivalentemente: otteniamo: (1.9.6 ) Dunque, il modulo di compressibilità adiabatico è pari al prodotto della pressione per la costante e la velocità dell’onda prevista risulta: . (1.9.7 ) In condizioni standard per l’aria, considerata come un gas perfetto biatomico, kg/m 3, Pa, ; sostituendo si trova v= 331.61 m/s, da confrontarsi con il valore sperimentale 331.45 m/s. L’o nda di spostamento è longitudinale : infatti, lo spostamento dell’elementino di massa avviene lungo l’asse delle x. In un fluido non possono generarsi onde meccaniche trasversali. Si noti comunque che ogni elementino di massa compie delle oscillazioni costi tuite da compressioni ed espansioni, ma non c’e’ trasporto netto di massa lungo il tubo. Lungo la colonna di gas si propagano anche un’onda di pressione e un’onda di d ensità: infatti, derivando la (1.9.4 ) rispetto al tempo e rispetto alla coordinata x: dove nell’ultimo passaggio si è usata la ( 1.9.5 ); (essendo le derivazioni rispetto ad x e rispetto a t indipendenti, se ne può scambiare l’ordine), da cui: 0 2 2 0 2 2 =   −   t x     0  =v =  pV 0 1 = + − dV pV dp V      = = − p dV dp V  0 p v= 29.1 0=  101325=p 4.1=  2 2 0 2 2 2 2 t x x x x p     −=     −=       2 2 2 2 2 2 t x x t t p     −=     −=       30 (1.9.8 ) La ( 1.9.8 ) mos tra che lungo il tubo si propaga un’onda di press ione, con velocità data dalla ( 1.9.7 ). Analogamente, dalla (1.9.2 ) si ottiene: (1.9.9 ) Sostituendo nell’ultima equazione la ( 1.9.5 ) troviamo: (1.9.10 ) e dal confronto di ( 1.9.9 ) e ( 1.9.10 ) segue: (1.9.11 ) Anche l’onda di densità si propaga con la stessa velocità dell’onda di spostamento. 1.9.5 La velocità di propagazione del suono La velocit à con cui un dato suono si propaga in un fluido è una proprietà caratteristica del fluido stesso. Nel caso di propagazione in un gas – assunto perfetto per semplicità – la velocità del suono non dipende dalla pressione, in quanto il rapporto - che compare nella (1.9.7 ) - è costante a temperatura costante, in base alla legge di Boyle. Quindi la velocità di propagazione del suono in aria è sostanzialmente indipendente dalla pressione barometrica. Inoltre, siccome (p.m. è il peso molecolare), risulta che il rapporto tra le velocità v e v0, rispettivamente alle temperature T e T0, è pari alla radice quadrata delle temperature, per cui: (1.9.12 ) Come riferimento T0 si può prendere la temperatura di 20 °C (si tenga però presente che nella (1.9.12 ) le temperature sono espresse in gradi Kelvin). Nel caso di propagazione di un’onda in un liquido si usa la seguente formula, analoga a quella per i gas : 0 2 2 0 2 2 =   −   t p x p   2 2 0 2 2 0 2 2 x x x x x     −=     −=        2 2 0 2 2 0 2 2 t x x t t     −=     −=        2 2 2 2 0 0 2 2 x x x x t     −=         −=          0 2 2 0 2 2 =   −   t x     0 p . . 0 mp RT p =  0 0 T T v v= 31 (1.9.13 ) ove è il modulo di elasticità adiabatico e la densità. Per quanto riguarda la dipendenza da pressione e temperatura, si ricorre spesso ad espressioni empiriche invece che a formule derivate d a modelli, molto complicate. Nei fluidi comunque si propagano solo onde longitudinali, mentre come detto in precedenza in un solido un’onda che si propaga può avere carattere trasversale ovvero longitudinale. La tabella seguente riporta la velocità del suo no in alcuni mezzi: Sostanza Velocità (m/s) Alluminio 5104 Rame 3650 Acciaio 5000 – 5900 Piombo 1220 Mattoni 3650 Granito 6000 Marmo 3800 Vetro 4000 -5500 Gomma vulcanizzata 1800 Legno 3300 -4600 Acqua 1500 Vapor d’acqua 404 1.10 L’effetto Doppler I risultati finora ottenuti presuppongono che la sorgente (S) e l’osservatore -ricevitore (R) siano tra loro in quiete. Se fra essi vi è un moto relativo la frequenza del suono misurato da R è differente da quella emessa da S. In ciò consiste l’effe tto Doppler. Figura 1 .10.1 Indichiamo (figura 1 .10.1 ) con e con rispettivamente le velocità della sorgente e del ricevitore rispetto al mezzo che fa da supporto alla perturbazione sonora. Sia V la velocità dell’onda 0  =v  0 SV RV 32 sonora nel mezzo. Siano inoltre ed gli angoli tra la direzione delle velocità di S e di R rispetto alla congiungente S – R. All’istante t = 0 la sorgente S – che si trova a distanza L da R – emette un treno di N onde di frequenza ; il primo fronte d’onda raggiunge R a ll’istante determinato dalla relazione: ossia: (1.10.1 ) All’istante la sorgente S cessa di emettere onde sonore. L’ultimo fronte d’onda raggiunge R ad un istante ; imponendo che la distanza S – R all’istante T venga percorsa in parte dall’onda sonora, in parte da R si ha: Sempl ificando e usando la ( 1.10.1 ) risulta: Nell’intervallo di tempo R conta N fronti d’onda, per cui la frequenza misurata da R è: (1.10.2 ) Nel caso usuale in cui sia S che R si muovano lungo la congiungente S – R si ottiene: (1.10.3 ) Se solo S è in moto: Nel caso in cui si ha ; quindi R registra una frequenza se la sorgente si avvicina ad R, mentre la frequenza è più bassa se la sorgente si allontana ( ). Analogamente, se = 0 ed R è in moto: Di nuovo, se R si avvicina ad S, mentre se R si allontana da S. S R  1t 1 1 ) cos ( t V Vt L R R  + = R RV V L t  cos 1 + =  N T = 2t ( ) ( ) ( ) ( )( )T t V T t V T V T V L R R R R S S − + − = − − 2 2 cos cos cos    T V V V V t t R R S S   cos cos 1 2 + − + = ( )1 2 t t −       S S R R S S R R V V V V T N V V V V t t N cos cos cos cos ' 1 2 − + = − + = − =   S R V V V V − + ='   V VS − = 1 1 ' 1  V VS       +  V VS 1 '   ' 0SV SV       + = V VR 1 '   '   ' 33 Si noti che, in generale, la variazione di frequenza è differente, a parità di velocità relativa tra S ed R, a seconda che sia S ovvero R a muoversi. Si noti infine che, se lo spostamento ha luogo in d irezione ortogonale alla congiungente S – R, l’effetto Doppler è nullo. Questa considerazione non è più valida nel caso elettromagnetico. Cosa succede se la sorgente si muove con una velocità di propagazione superiore a quella dell’onda nel mezzo? In un ce rto intervallo di tempo la sorgente avanza più del fronte d’onda. P.es. se nel tempo t la sorgente si muove da A a B, (figura 1.10.2) il fronte d’onda si è mosso solo da A ad A’ e A” : Figura 1.10.2 La superficie tangente a tutte le onde successive è un cono avente per asse la traiettoria della sorgente e la cui apertura è data da: ⥚⥐⥕⧤ = ⷚ ⷚ⻩ (1.10.4) Ne risulta un’onda conica che si propaga come indicato dalle frecce in fi gura. E’ detta onda di Mach o onda d’urto. Il suono impulsivo violento che si sente quando un aereo supersonico passa nelle vicinanze è appunto generato in questo modo. Queste onde si possono osservare facil mente quando una barca si muove più velocemente d elle onde superficiali sull’acqua . Un effetto analogo (effetto Cerenkov) si ha quando una particella si muove in un mezzo, con una velocità maggiore di quella della luce nel mezzo. L’effetto è sfruttato per rivelare la particella e determinarne l’energia. Figura 1.10.3 34 1.11 Intensità di un’onda Abbiamo detto che un’onda non trasporta materia ma energia (e non solo) . In effetti, durante il moto ondoso gli atomi o molecole del mezzo sono posti in movimento, ma oscillano attorno alle loro posizioni di equilibrio. Consideriamo il caso di una barra soggetta ad onde elastiche longitudinali. (fig 1 .9.2.1, vedi sopra ). In un particolare elemento che si sposta con velocità ⸬⸠ ⸬ⷲ , il lato destro ‘tira ’ il lato sinistro con una forza F, mentre il sinistro tira il destro con una forza –F. La potenza che il lato sinistro trasmette al lato destro in quell’elemento è: ⤽ = ⸬ⷛ ⸬ⷲ = (−⤳)⸬⸠ ⸬ⷲ (1.11.1 ) Questa potenza si trasmette quando la perturbazione si propaga. Supponiamo di avere un’onda sinusoidale: ⧱= ⧱ⴿ⥚⥐⥕ (⥒⥟ − ⧼⥛ ) Abbiamo: ⧽⧱ ⧽⥛ = −⧼⧱ⴿ⥊⥖⥚ (⥒⥟ − ⧼⥛ ) ⤳ = ⥆⤮ ⧽⧱ ⧽⥟ = ⥆⤮⥒ ⧱ⴿ⥊⥖⥚ (⥒⥟ − ⧼⥛ ) dove A è la sezione della barra. Considerando che ω = kv e che v2 = Y/ρ la potenza diviene: ⤽ = ⥝⤮ [⧴⧼ⵁ⧱ⴿⵁ⥊⥖⥚ ⵁ(⥒⥟ − ⧼⥛ )] (1.11. 2) termine fluttuante ma sempre positivo. Ricordando che il valore medio nel tempo del quadrato del coseno è ½, abbiamo , per la potenza media: ⤽⼯= ⵀ ⵁ⥝⤮⨂ ⧼ⵁ⧱ⴿⵁ (1.11. 3) Notiamo che il termine: ⥌= ╾ ╿⨂⧼ⵁ⧱ⴿⵁ è un’energia per unità di volume, cioè una densità di energia. La quantità ‘