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Aerospace Engineering - Fondamenti di Meccanica Strutturale
Course summary and frequently asked oral questions
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10 domande pi ù frequenti all ’orale Definire la funzione di ingobbamento per profili compatti e sottili soggetti a taglio o torsione. Le tensioni tangenziali che agiscono sulla sezione retta di un elemento strutturale provocano delle deformazioni fuori piano della sezione. Tali deformazioni originano l’effetto di “ingobbamento”. Consideriamo un cubetto elementare ߆ߚ ߆ߛ sollecitato da una distribuzione di sforzi tangenziali, si hanno degli scorrimenti tra la superficie inferiore e superiore. Nello stato deformato si avrà un cambiamento di forma, ma non di volume. Guardiamo ora a una sezione rettangolare sottoposta a un’azione di taglio. =solando un concio e sezionandolo in più punti, potremo osservare come ogni sezione orizzontale risponde a una deformazione differente in funzione dello stato di sforzo tangenziale. Andando a comporre la configurazione deformata della sezione come somma delle deformazioni dei singoli elementini, otterremo una sezione della trave non più piana e presenterà una doppia curvatura. Analogamente, per una sezione sottile: Nella teoria di De Saint Venant , indaghiamo ora un profilo compatto sollecitato da un’azione torcente. Iniziamo col dire che, per le ipotesi di DSV, le sezioni si ingobbano tutte in egual misura, in quanto la torsione è unifo rme. Ciò comporta che le fibre non si deformano in direzione longitudinale. Consideriamo un profilo avente sezione doppiamente simmetrica: avremo dunque il centro di taglio coincidente con il baricentro geometrico. Descriviamo così lo spostamento ߕ()ɩ { ߕි −ʩ(ߜ) ߛි −ࡠ ߜ ߛ ߕි ࡦ(ߜ) ߚි ࡠ ߜ ߚ ߕි ࡠ ֊(ߚɧߛ) con ࡼె funzione di ingobbamento, ࡠ rotazione torsionale Assumiamo lo spostamento medio dell’ingobbamento nullo: ٲ ࡼె ߆ީ ీ ි ϸ, per evitare uno spostamento rigido della trave lungo ߜ. E valutiamo le piccole deformazioni: ࡹ ි ϸ ࡹ ි ϸ ࡹ ි ϸ ࡡ ි ϸ ࡡ ි −ࡠ(ߛ− ಧಫാ ಧ ) ࡡ ි ࡠ(ߚ+ ಧಫാ ಧ ) Allora: ࡲ ි ޯ ˄(ಧಫാ ಧ − ߛ) ࡲ ි ޯ ࡠ (ߚ+ ಧಫാ ಧ ) Riscrivi amo ora così la condizione indefinita di equilibrio: ٕ ܊ࡰි ϸ ע ޯ ࡠ(ಧಫ ಧ+ ಧඣ ಧ)ි ϸ ע ٕࡼ ි ϸ e riscriviamo anche la condizione al contorno sul mantello della superficie laterale scarica: (ࡰ܊ߐ)ි ϸ ע ޯ ࡠ [(ಧಫ ಧ )ߐ+ (ಧಫ ಧ )ߐ− ߛ ߐ+ ߚ ߐ]ි ϸ ע (ಧಫ ಧ౧ )ි ߛߐ− ߚߐ Con queste due equazioni possiamo definire il problema di Neumann -Dini, il quale ci restituisce la funzione di ingobbamento per la sezione. Tale soluzione esiste ed è unicamente definita a meno di una costante, che ha il signific ato di traslazione rigida secondo l’asse ߜ. Osserviamo, infine, che la prima equazione ci dice che la funzione di ingobbamento soddisfa la condizione di Laplace. È ovvero una funzione armonica che può essere scritta anche come sovrapposizione lineare di soluzioni più semplici. Consideriamo ora un p rofilo a parete sottile sollecitato a torsione. A differenza del profilo compatto, l’analisi di un profilo sottile avviene approssimandolo all’ascissa curvilinea che ne determina la l inea media. Possiamo dunque parametrizzare le quantità geometriche rispetto all’ascissa curvilinea, quindi avremo lo spessore b=b(s), il vettore posizione rispetto al baricentro r=r(s) e i vettori tangente e normale alla linea media t=t(s) e n=n(s). Ci asp ettiamo che lo sforzo tangenziale rispetti la condizione di bordo scarico, sia diretto come la tangente al profilo e manifesti una variazione a farfalla lungo lo spessore, annullandosi sulla linea media. Guardiamo alla variazione della funzione di ingobbam ento lungo tale ascissa: ߆ࡼ ි (ࡸࡼ ࡸߚ ߆ߚ + (ࡸࡼ ࡸߛ ߆ߛ Tramite trasformazioni geometriche e passando dalla riscrittura degli sforzi tangenziali, possiamo arrivare a scrivere : ߆ࡼ ි ( ߖ ࡲ౬ − ߔ(ߕ))߆ߕ Nell’ipotesi di profilo aperto, in cui consideriam o gli sforzi ࡲ౬ lungo l’ascissa nulli: ߆ࡼ ි ( ߖ ࡲ౬ − ߔ(ߕ))߆ߕ ි −ߔ(ߕ)߆ߕ Integrando otteniamo: ࡼెි −Ϻ(ʹె− ʹె) Con ʹె area setto riale spazzata dal vettore ߔ, ʹెි ٲ ʹె ߆ީ ీ valore settoriale medio . Spiegare da dove deriva la rappresentazione di Voigt con riferimento al tensore degli sforzi, delle deformazioni e di rigidezza, definire il prodotto tensoriale e la sua equivalenza con quello matriciale. Nell’ipotesi di materiale omogeneo e iperelastico abbiamo una proporzionalità diretta tra stato di sforzo e stato di deformazione. Essa è descritta dalla legge generalizzata di Hooke: ࡰౢౣ ි ެౢౣ ࡹౢౣ ࡹౢౣ ි ޫౢౣ ࡰౢౣ con ެౢౣ tensore di rigidezza, ޫౢౣ tensore di cedevolezza. Questi due tensori dipendono dal materiale e sono matrici del quarto ordine, includono ovvero 81 componenti nominali. La notazione di Voigt entra in gioco per semplificare la rappresentazione di tale legame. Infatti, l a notazione di Voigt è un modo di rappresentare i tensori simmetrici riducendone l'ordine. L'idea di base sta nel rappresentare il tensore unicamente con le sue componenti indipendenti : ߚౢౣ ි [ߚ ߚ ߚ ߚ]ע ߚౢි {ߚɧߚɧߚ} Nel nostro caso specifico: ࡰౢි ࡰ ɧࡰ ɧࡰɧࡲ ɧࡲɧࡲ ࡹౢි ࡹ ɧࡹ ɧࡹɧࡡ ɧࡡɧࡡ [Disegno matrice ࡰౢි ެౢౣ ࡹౢ] Per esempio, nel caso di materiale isotropo : ࡹ ࡹ ࡹ ࡡ ࡡ ࡡ ි ݕ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݓϹ ޭ − ޭ − ޭ ϸ ϸ ϸ − ޭ Ϲ ޭ − ޭ ϸ ϸ ϸ − ޭ − ޭ Ϲ ޭ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ Ϲ ޯ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ Ϲ ޯ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ Ϲ ޯݘ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݖ ࡰ ࡰ ࡰ ࡲ ࡲ ࡲ Notiamo che: Le terne di zeri nelle righe da 1 a 3 implicano che non vi è accoppiamento tra deformazioni longitudinali e tensioni tangenziali , mentre i primi tre zeri nelle righe da 4 a 6 implicano che non vi è accoppiamento tra deformazioni tangenziali e s forzi normali; abbiamo ovvero un comportamento simmetrico: gli zeri in corrispondenza delle righe e delle colonne da 4 a 6 derivano dall’assenza di un effetto simile a Poisson per le tensioni tangenziali; gli elementi della matrice ޫౢౣ si mantengono cos tanti al variare dell’orientamento del sistema di assi. Ciò dipende dalla omogeneità del materiale. Congruenza interna La congruenza interna è una condizione che mette in relazione tra loro le componenti di deformazione indipendentemente dalle funzioni d i spostamento. La congruenza interna, ovvero, impone una misura delle deformazioni indipendentemente dal percorso svolto dallo spostamento. Tali equazioni si ottengono dalle equazioni di compatibilità eliminando, tramite derivazione, gli spostamenti stessi . Partiamo dalla compatibilità nel caso di piccole deformazioni e piccoli spostamenti: ࡹౢౣ ි Ϲ Ϻ(ࡸߕౢɧౣ+ ࡸߕౣɧౢ) Svolgiamone ora il rotore: ٕ× ࡹි Ϲ Ϻ ٕ× (ٕߕ+ ٕߕ)ි Ϲ Ϻٕ× ٕߕ ⏟ቭ ቭ ெ + Ϲ Ϻٕ(ٕ× ߕ) dove ٕ× ߕි Ϻ ࡦ, con ࡦ vettore attorno a cui la matrice ࡷ ි (ٕߕ− ٕߕ) ruota allora: ٕ× ࡹි ٕ ࡦ Facciamo ancora il rotore: ٕ× ٕ× ࡹි ٕ× (ٕࡦ) Ovvero, stiamo svolgendo il rotore di un gradiente. Questa operazione è sempre nulla: ٕ× ٕ× ࡹි ϸ che è la condizione di congruenza interna. In notazione tensoriale: ࡹౢౣɧ౦ + ࡹ౦ ɧౢౣ− ࡹౢɧౣ౦ − ࡹౣ౦ ɧౢ ි ϸ Otteniamo sei equazioni che, se rispettate dalle deformazioni, restituiscono una congruenza delle deformazioni che ci garantisce che non si verifichi compenetrazione o lacerazione delle fibre dovute alla deformazione. Decomposizione polare La decomposizione polare (o moltiplicativa) di Ca uchy è la decomposizione del gradiente di deformazione come prodotto di una matrice di rotazione rigida e di una matrice di stiramento. ޮ ි ි dove è una matrice ortogonale ch e rappresenta una isometria: conserva gli angoli e le lunghezze delle fibre. ි ි ޱ dunque, ČčĜ ()ි ±Ϲ ע non modifica la geometria dell’elemento. Invece, e sono matrici simmetriche e definite positive: ි ߇ߋ߉ ()ෘ ϸ Usiamo questa decomposizione per riscrivere il tensore delle grandi deformazioni ޭ. Partiamo dalla definizione del gradiente di deformazione ޮ. Sia ߚ la configurazione iniziale e ࡵ la configurazione deformata. Sia infine ߕ lo spostamento eseguito tra le due configurazioni: ࡵි ʶ(ߚ)ි ߚ+ ߕ(ߚ)ע ࡢࡵ ි ࡢߚ + ࡸߕ ࡸߚ ࡢߚ ි ޮ ࡢߚ ovvero, ޮ ි ޱ+ ٕߕ la differenza tra le lunghezze delle fibre può essere scritta come: ࡢߎ− ࡢි ʇޮ ࡢߚ ʇ− ʇࡢߚ ʇි ࡢߚޮޮࡢߚ − ࡢߚࡢߚ ි ࡢߚ(ޮޮ− ޱ)ࡢߚ Definiamo ora: ޭ ි Ϲ Ϻ(ޮޮ− ޱ) E riscriviamolo con la decomposizione polare di ޮ: ޭ ි Ϲ Ϻ( − ޱ)ි Ϲ Ϻ( − ޱ) ovvero, la deformazione prodotta da ޮ, a meno di una rotazione rigida, è ugua le alla deformazione prodotta da . Le variazioni geometriche del corpo sono quindi determinate unicamente dalla matrice e non da . Centro di taglio e centro di torsione: definizioni e dimostrazioni Il centro di taglio è definito come il punto (ߚ౨ɧߛ౨) di una sezione di una trave per cui deve passare la retta d’azione dello sforzo tagliante affinché non si produca momento torcente sulla sezione. È il punto per cui, se passa la forza di taglio applicata, la distribuzio ne degli sforzi tangenziali sulle corde del profilo risultano con andamento costante e non trapezioidale (o b itriangolare). Se la sezione possiede un asse di simmetrica, il centro di taglio giace su di esso. Se la sezione è doppiamente simmetrica, allora i l centro di taglio è unicamente determinato dall’intersezione dei due assi di simmetria; ovvero, il centro di taglio coincide con il baricentro geometrico della sezione. Se il profilo è sottile e costituito da elementi rettangolari convergenti , il centro d i taglio è il punto nel quale convergono le linee medie . Il centro di torsione è il punto di coordinate (ߚɧߛ) attraverso cui passa l’asse attorno al quale avviene la rotazione per torsione. Tale asse è parallelo all’asse baricentrico della trave. Centro di taglio e centro di torsione coincidono. Tale affermazione è dimostrabile tramite il teorema di reciprocità di Betti. Consideriamo un carico trasversale con retta di applicazione passante per il centro di taglio . E sso non impone una tor sione per definizione; determina dunque una semplice traslazione della sezione senza rotazione. Il momento torcente ౭ compie dunque un lavoro nullo per la deformazione prodotta dall’azione di . Analogamente, il carico compie lavoro nullo nella defo rmazione prodotta dal momento ౭. Dunque, considerando una ugual sezione e un sistema (߃) sottoposto a taglio e un sistema (߄) sottoposto a momento torcente, condizione affinché il mutuo lavoro di (߃) sulle deformazioni di (߄) (e viceversa) sia nullo è che centro di taglio e centro di torsione coincidano. Dal teorema di Betti, il mutuo lavoro può essere scritto con il principio dei lavori virtuali come: ߆ࡹౚ ߆ߜ ි ืࡲౚࡡ + ࡲౚࡡ ߆ީ ౚ Sostituendo le defor mazioni in funzione dell’ingobbamento: ߆ࡹౚ ߆ߜ ි ࡠ{ื ࡲౚ (ࡸࡼె ࡸߚ − ߛ + ࡲౚ (ࡸࡼె ࡸߛ + ߚ ౚ }߆ީ Da cui possiamo ottenere: −(ߚ− ߚ౨)+ (ߛ− ߛ౨)ි ϸ Poiché tale equazione deve valere per ogni sistema di azione tagliante sulla sezione: ߚි ߚ౨ ߛි ߛ౨ cvd Casi di DSV per tenso -flessione deviata e azione assiale con carico eccentrico, illustrare grafico e funzione di ॒द, definizione nocciolo centrale d’inerzia . Il caso di tenso -flessione deviata è la somma di una sollecitazione flessionale deviata (che ovvero suppone un momento flettente non allineato con gli assi principali di inerzia) e un’azione assiale centrata. Nel caso di sforzo normale positivo, si parla di tenso -flessione; nel caso di a zione assiale negativa, invece, si parla di presso -flessione. Consideriamo una generica sezione e un sistema di riferimento avente origine nel baricentro geometrico. Ricordando le soluzioni dei casi elementari di azione assiale centrata: ࡰ ි ީ Di flessione retta lungo ߛ: ࡰ ි − ޱ ߚ e lungo ߚ: ࡰ ි ߚ ߛ Poiché questi casi elementari presentato sollecitazioni ortogonali, vale il principio di sovrapposizione degli effetti. Possiamo dunque così descrivere facilmente il problema di tenso -flessione: ࡰ ි ީ + ޱ ߚ− ޱߛ Possiamo da qui ricavarci l’asse neutro: ࡰ ි ީ + ޱ ߚ− ޱߛි ϸ ע ߛි ޱ ( ޱ ߚ− ީ) Notiamo come l’asse neutro ha ugual inclinazione di quello che si avrebbe nel caso di sola flessione deviata; l’azione assiale, dunque, trasla solo l’asse neutro. =noltre, a parità si sforzo flessionale, all’aumentare dello sforzo assiale, l’asse neutro si allontana sempre più dal baricentro. Per sollecitazioni di sforzo normale abbastanza elevate, l’asse neutro potrebbe non intersecare la sezione: in questo caso la sezione risulterebbe completamente tesa (o compressa nel caso di presso - flessione). La sollecitazione di tenso - o presso -flessione può essere vista anche come la schematizzazione di una sollecitazione normale eccentrica: una forza parallela all’as se della trav e applicata eccentricamente, ovvero non in corrispondenza del baricentro. Sezionando la trave e svolgendo l’equilibrio alla rotazione si ottiene che il momento flettente nato dall’eccentricità dell’azione normale è pari a: ි ܊߆ con ߆ pari alla distanza tra l’asse baricentrico e l’asse di applicazione dell’azione . Dunque: ࡰ ි ީ + ߚ ޱ ߚ− ߛ ޱ ߛ L’asse neutro è individuato da: ߛි − ߚ ߛ ޱ ޱߚ− ޱ ީ ߛ m = asse momento totale; n = asse neutro Possiamo dunque notare che l’equazione dell’asse neutro dipende unicamente dalla posizione del centro di pressione e non dall’intensità dello sforzo normale. Inoltre, l’asse neutro è sempre secante il quadrante opposto a quello in cui si trova il centro di pressione : Immaginiamo ora di traslare il centro di pressione lungo la retta ൔ ൔි ߅ߑߕߖ߃ߐߖ߇ . L’inclinazione dell’asse neutro non cambia, ma: allontanando il centro di pressione dal baricentro, l’asse neutro si avvicina; avvicinando il centro di pressione a l baricentro, l’asse neutro si allontana. Se l’asse neutro interseca la sezione trasversale, essa si definisce “parzializzata”, ovvero ha una parte compressa e un’altra tesa. Se invece l’asse neutro è esterno alla sezione, si ottiene una completa compre ssione o tensione delle fibre della sezione. Il conoscere a priori se la sezione è totalmente compressa o tesa è fondamentale nello studio di strutture in cui si utilizzano materiali che hanno resistenza solo a trazione o solo a compressione (come i materi ali compositi , il calcestruzzo ). Definiamo un fascio di assi neutri tangenti al mantello della sezione: essi sono gli assi neutri limite della parzializzazione. L’inviluppo dei centri di pressione corrispondenti definisce la regione detta “nocciolo central e di inerzia”. Se il centro di pressione ricade all’interno del nocciolo, l’asse neutro risulta essere esterno alla sezione che quindi è sollecitata da tensioni omogenee; se il centro di pressione è invece esterno al nocciolo, l’asse neutro risulta essere interno alla sezione, che sarà dunque soggetta sia a tensioni a trazione che a compressione. OSS. Il nocciolo dipende esclusivamente dalle proprietà geometriche della sezione. Sforzi principali, problema agli autovalori e autovettori con confronto con il cerchio di Mohr In un sistema di rif erimento ߚߛߜ consideriamo un cubetto elementare di centroid e P soggetto a uno sforzo : ࡰි ෫ ࡰ ࡲ ࡲ ࡲ ࡰ ࡲ ࡲ ࡲ ࡰ ෯ Vogliamo ora ricercare una giacitura ࡤࡥ tale per cui il tensore degli sforzi risulta essere diagonale : ࡰි [ ࡰಛ ϸ ϸ ϸ ࡰಓ ϸ ϸ ϸ ࡰಔ ] Stiamo ovvero cercando una giacitura tale per cu i il vettore te nsione ߖ౧ risulta essere parallelo all a n ormale al p iano su cui agisce . Tale pro blema altro non è che un problema agli autovalori e autovettori ; infatti: ߖ౧ි ࡰ ߐි ࡰ ߐ ע (ࡰ− ࡰޱ)ߐි ϸ affinché il sistema lineare restituisca una solu zione non banale è che il determi nante della matrice (ࡰ− ࡰޱ) sia nullo : ČčĜ ((ࡰ− ࡰޱ)ි ϸ da cui: ࡰ− ࡰ+ ࡰ− ි ϸ con ɧɧ i tre invarianti . ි ĜĚ (ࡰ) ි Ϲ Ϻ(ĜĚ (ࡰ)− ĜĚ (ࡰ)) ි ČčĜ (ࡰ) da cui otteni amo i tre sfo rzi principali ࡰಛɧࡰಓɧࡰಔ. Questa co nfigurazione è quella per cui gli sforzi normali sono massimi e gli sforzi tangenziali sono minimi . Di giaciture che conte ngono unicamente tensione normale ne esistono tre , mutualmente ortogonali, e vengono chiamate “giaciture principali ”. Le loro normali, invece, “dire zioni principali ”. Tali direzioni definiscono una terna ortogonale, detta “terna principale ”. Se ordiniamo le tension i principali secondo l ’ordine decrescente della loro granndezza: ࡰైෘ ࡰైైෘ ࡰైైై allora: - ࡰై è l a massima tra tutte le tensioni nel punto , - ࡰైైై è la minima tra tutte le tensioni nel punto . Inviluppando gli assi principali otteniamo le linee isostatiche: rappresentano le traiettorie costruite dalle tangenti ai vettori delle tensioni principal i. Di linee isostatiche ne esistono infin ite all ’interno di una trave e per ogni punto di ogni sezione ne passando sempre due: una per la trazione e una per la compressione. Per costruzione, sulle giaci ture normali alle isostatiche esiste solo tensione normale : la massima e la minima . Disponendo in una struttura delle nerv ature secondo l ’andamento delle isostatica permette di rafforzare la struttura nelle zone in cui gli sforzi sono più gravo si. Nella s toria dell ’ingegneria civile si è sempre cercato soluzioni e teorie semplificative che aiutassero la ris oluzione di strutture complesse, non disponendo dei calcolatori odierni . A fine ‘800 Mohr invent ò così un metodo grafico utile alla comprensione della distribuzione degli stati di sforzi in diverse giac itu re attorno a un punto . Il cerchio di Mo hr è una rappresentazione grafica dello stato piano di tensione interna in un punto di un corpo . Viene rappresentato nel piano di Mohr, avente gli sforzi normali sulle ascisse e quelli tangenziali sulle ordinate . Dato uno stato tensione individuato da sforzi norma li e tangenziali, è possibile tracciare il cerchio di Mohr riportando nel piano le tensioni agenti nella giacitura orizzontale e vertic ale . Esempi: Il cerchio di Mohr permette di individuare lo stato tensione per qualsi asi orientamento di una giacitura . Per fare ciò, dobbiamo prima conoscere il polo del cerc hio di Moh r. Esso altro non è che l’intersezione sul piano della retta orizzontale passante per lo stato di sforzo orizzontale individuato e la retta vert icale passante per lo stato di sforzo verticale individuato . Tracciando una retta passante per il Polo del cerchio possiamo cos ì individuare lo stato di sforzo di qulasi asi gia citura : Il cerchio di Mohr è utilizzato soprattutto per individuare le dire zioni e gli sforzi pr incipali, o anche la direzio ne e il valore delle tensioni tan genziali massim e. Molti materiali, infatti, hanno sforzi di snervamento o rottura minor i per l ’azione tangenziale rispetto a quello normale: sape r ricreare il cerchio di Mohr permette di conoscere così il massimo stato di sforzo e confrontarlo con q uello di rottura ; permette di conoscere così anche la giacitura in cui avverrà , nel caso, la rottura . Parlare della cinematica dei continui, tensore delle grandi deformazioni e rotazion i Nella t eoria d ei continui di Cauchy , consideriamo un corpo ʹ all ’istante ࡲ. In un istante success ivo ࡲ′ esso occuperò una disposizione spaziale ʹ֨. Consideriamo ora la posizio ne di ogni punto del continuo descritta da i campi ߚ e ߚ′. Il p rocesso di deformazione da ߚ a ߚ′ è uno spostamento di particell e descritto dalla funzione ʶ(ߚ): ߚ′ි ߚ+ ߕ(ߚɧߖ)ි ʶ(ߚɧߖ) con ߕ(ߚɧߖ)ි ߚ′− ߚ spostamento . Poiché ogni punto di ʹ֨ deve essere immagine di un unico punto di ʹ, la funzione ʶ è biunivoca e invertibile . Consideriamo ora una fibra di materi ale avente direzione iniziale ࡢߚ e finale ࡢߚ′. La tra sformazione ʶ deforma tutti i punti della fibra, cambiandone direzione e dimensione . Indivi duiamo ora tale deformazione . Differen ziamo la deformazione dei punti individuata sopra: ࡢߚ′ි ࡢߚ+ ࡸߕ ࡸߚࡢߚි (ޱ+ ٕߕ)ࡢߚි ࡸʶ ࡸߚࡢߚි ޮ ࡢߚ definiamo ޮ ි ಧఓ ಧි ٕࡼ il gradiente di defor mazione . Guardiamo ora alla lunghezz a delle fibre . ࡢි ࡢߚ܊ࡢߚි ࡢߚ ࡢߚ ࡢ′ි ࡢߚ′܊ࡢߚ′ි ࡢߚ′ ࡢߚ′ි ࡢߚ ޮ ޮ ࡢߚ e facciamone la differenza: ࡢ′− ࡢි ࡢߚ ޮ ޮ ࡢߚ − ࡢߚࡢߚි ࡢߚ(ޮ ޮ− ޱ)ࡢߚ Introduciamo ora il tensore delle grandi deformazioni ޭ: ޭ ි Ϲ Ϻ(ޮ ޮ− ޱ) allora: ࡢ′− ࡢි Ϻ ࡢߚ ޭ ࡢߚ Proviamo a riscrivere il tensore ޭ utilizzando la definizione del gradiente di deformazione ޮ: ޭ ි Ϲ Ϻ((ޱ+ ࡸߕ ࡸߚ (ޱ+ ࡸߕ ࡸߚ− ޱ)ි Ϲ Ϻ(ޱ− ޱ+ ࡸߕ ࡸߚ + ࡸߕ ࡸߚ+ ࡸߕ ࡸߚ ࡸߕ ࡸߚ ි Ϲ Ϻ(ߕౢɧౣ+ ߕౣɧౢ+ ߕɧౢߕɧౣ) Da cui, t rascurando le deformazioni di ordine infinitesim o maggiore , otteniamo il tensore delle piccole deformazioni ࡹ: ࡹි Ϲ Ϻ(ߕౢɧౣ+ ߕౣɧౢ)ි Ϲ Ϻ(ٕߕ+ ٕߕ) Guardiamo ora allo scorrimento angol are tra le fibre . Con sideriamo due fibre ࡢߚీ e ࡢߚు che all ’istante ߖ sono inizialmente ortogonali tra loro . Definiamo lo scorrimento angolare ʤీు come la differenza tra l ’angol o iniziale ಝ e quello finale dopo la deformaz ione ࡦీు′. ċėě (ࡦీు′)ි ࡢߚు′ ʇࡢߚు′ʇ ࡢߚీ′ ʇࡢߚీ′ʇි ࡢߚుޮ ޮࡢߚీ ʇࡢߚుʇࡩు ࡩీʇࡢߚీʇි ߖుޮ ޮߖౚ ࡩు ࡩీ ි ߖు(Ϻޭ+ ޱ)ߖీ ࡩుࡩీ ි Ϻߖుޭߖీ+ ߖుߖీ ࡩీࡩు ි Ϻߖు ޭ ߖీ ࡩీࡩు ma ࡩි ັ′ັ ʇʇි (ോ ോ ോ ) ಳි (ޮ ޮ ߖ܊ߖ)ಳ ċėě (ࡦీు′)ි ċėě (ಝ + ʤీు )ි ěđĖ (ʤీు ) allora: ʤీు ි ĉĚċěđĖ ( ߖు Ϻޭ ߖీ (ޮ ޮ ߖీ܊ߖీ) (ޮ ޮ ߖు܊ߖు) ) ි ĉĚċěđĖ ( ߖు Ϻޭ ߖీ (ޱ+ Ϻޭ ߖీ܊ߖీ) (ޱ+ Ϻޭ ߖు܊ߖు) ) nel caso d i piccole rotazioni : ʤీు ≈ ࡡీు ි ĉĚċěđĖ (ߖు Ϻࡹ ߖీ) Proprietà legame elastico lineare e caso isotropo Consideriamo un materiale in grado di subire grandi deforma zioni . Abbiamo un legame che relazion a sforzo e deformazione . Nell ’ipotesi di legame ela stico , esso è : - privo di memoria: lo stato di deformazion e non dipende dalla storia dello stato di sforzo, ma unicamente dallo stato di sforzo corrente : - strettamente monotono : l’aumento positivo dello sfor zo restituisce un aumento della deformazione : ʥࡰɩʥࡹ> ϸ - complementarietà: durante la deformazione, nel materiale si a ccumula energia che viene poi usata per recuperare la deformazione finito lo stato di sforzo . Possiamo dunque dire che il legame elas tico ammette un potenziale , un ’energia di deformazione: ࡰි ࡸࡷ ࡸࡹ Poniamo ci n ell’ipotesi di materiale omogeneo e iperelastico . A bbiamo una proporzionalità diretta tra stato di sforzo e stato di deformazione. Essa è descritta dalla legge generalizzata di Hooke: ࡰౢౣ ි ެౢౣ ࡹౢౣ ࡹౢౣ ි ޫౢౣ ࡰౢౣ Questi due tensori dipendono dal materiale e sono matrici del quarto ordine, includono ovvero 81 componenti nominali. Per semplificare la rappresentazione di tale legame possiamo utilizzare la notazione di Voigt . Infatti, l a notazione di Voigt è un modo di rappresentare i tensori simmetrici riducendone l'ordine. L'idea di base sta nel rappresentare il tensore unicamente con le sue componenti indipendenti : ߚౢౣ ි [ߚ ߚ ߚ ߚ]ע ߚౢි {ߚɧߚɧߚ} Nel nostro caso specifico: ࡰౢි ࡰ ɧࡰ ɧࡰɧࡲ ɧࡲɧࡲ ࡹౢි ࡹ ɧࡹ ɧࡹɧࡡ ɧࡡɧࡡ [Disegno matrice ࡰౢි ެౢౣ ࡹౢ] Questa notazione può essere utilizzata in particolar modo anche perché le matrici di rigidezza e di cedevolezza codono delle propr ietà di simmetria minore e maggiore: ެౢౣ ි ެౣౢ ි ެౢౣ ි ެౣౢ ެౢౣ ි ެౢౣ Portando così i coefficienti indipe ndenti a 21. In casi specific i, essi possono essere ancora minori . Esistono , per esempio, materiali ortotropi , dove l e proprietà meccaniche ed el astiche sono indipendenti solo lungo tre direzioni perpendicolar i, con 9 parametri indipendenti ; materiali isotropi, dov e le proprietà meccaniche sono identicamente uguali in tutte le direzioni . Proviamo p er esempio a scrivere il legame di c edevolezza nel caso di materiale isotropo : ࡹ ࡹ ࡹ ࡡ ࡡ ࡡ ි ݕ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݔ ݓϹ ޭ − ޭ − ޭ ϸ ϸ ϸ − ޭ Ϲ ޭ − ޭ ϸ ϸ ϸ − ޭ − ޭ Ϲ ޭ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ Ϲ ޯ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ Ϲ ޯ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ Ϲ ޯݘ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݗ ݖ ࡰ ࡰ ࡰ ࡲ ࡲ ࡲ dove ޭ è il modulo di Young, ි − ನൣ൧ ನൟൠൣ൞ è il coefficiente di Poisso n, ޯ ි ౄ (ಚ) è il modu lo elastico al taglio (shear mod ulus). Notiamo che: Le terne di zeri nelle righe da 1 a 3 implicano che non vi è accoppiamento tra deformazioni longitudinali e tensioni tangenziali , mentre i primi tre zeri nelle righe da 4 a 6 implicano che non vi è accoppiamento tra deformazioni tangenziali e s forzi normali; abbiamo ovvero un comportamento simmetrico: gli zeri in corrispondenza delle righe e delle colonne da 4 a 6 derivano dall’assenza di un effetto simile a Poisson per le tensioni tangenziali; gli elementi della matrice ޫౢౣ si mantengono cos tanti al variare dell’orientamento del sistema di assi. Ciò dipende dalla omogeneità del materiale. Facen do la matrice inversa della cedevolezza ޫౢౣ otteniamo la matrice di rigidezza : ެౢౣ ි ݕ ݔ ݔ ݔ ݔ ݓࡩ+ Ϻޯ ࡩ ࡩ ϸ ϸ ϸ ࡩ ࡩ+ Ϻޯ ࡩ ϸ ϸ ϸ ࡩ ࡩ ࡩ+ Ϻޯ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ޯ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ޯ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ϸ ޯݘ ݗ ݗ ݗ ݗ ݖ con ࡩි ౄ ಚ (ಚ)(ಚ). Guardiamo ora al solo legame tra sforzi normali e deformazioni normali . ࡰ ࡰ ࡰ ි ෫ ࡩ+ Ϻޯ ࡩ ࡩ ࡩ ࡩ+ Ϻޯ ࡩ ࡩ ࡩ ࡩ+ Ϻޯ ෯ ࡹ ࡹ ࡹ notiamo che : ࡰි (ࡩ+ Ϻޯ)ࡹ+ ࡩࡹ+ ࡩࡹි Ϻޯ ࡹ+ ࡩ ĜĚĉċċđĉ (ࡹ) allora: ࡰි Ϻޯ ࡹ+ ࡩ ࡹ౯౨ ޱ che è il legame diretto interpretato come somma di una parte deviatorica e una sferica. Caratterizzare tensore piccole deformazioni Nella t eoria d ei continui di Cauchy , consideriamo un corpo ʹ all ’istante ࡲ. In un istante success ivo ࡲ′ esso occuperò una disposizione spaziale ʹ֨. Consideriamo ora la posizio ne di ogni punto del continuo descritta da i campi ߚ e ߚ′. Il p rocesso di deformazione da ߚ a ߚ′ è uno spostamento di particell e descritto dalla funzione ʶ(ߚ): ߚ′ි ߚ+ ߕ(ߚɧߖ)ි ʶ(ߚɧߖ) con ߕ(ߚɧߖ)ි ߚ′− ߚ spostamento . Poiché ogni punto di ʹ֨ deve essere immagine di un unico punto di ʹ, la funzione ʶ è biunivoca e invertibile . Consideriamo ora una fibra di materi ale avente direzione iniziale ࡢߚ e finale ࡢߚ′. La tra sformazione ʶ deforma tutti i punti della fibra, cambiandone direzione e dimensione . Indivi duiamo ora tale deformazione . Differen ziamo la deformazione dei punti individuata sopra: ࡢߚ′ි ࡢߚ + ࡸߕ ࡸߚ ࡢߚ ි (ޱ+ ٕߕ)ࡢߚ ි ࡸʶ ࡸߚ ࡢߚ ි ޮ ࡢߚ definiamo ޮ ි ಧఓ ಧ ි ٕࡼ il gradiente di defor mazione . Guardiamo ora alla lunghezz a delle fibre . ࡢි ࡢߚ ܊ࡢߚ ි ࡢߚ ࡢߚ ࡢ′ි ࡢߚ′܊ࡢߚ′ි ࡢߚ′ ࡢߚ′ි ࡢߚ ޮ ޮ ࡢߚ e facciamone la differenza: ࡢ′− ࡢි ࡢߚ ޮ ޮ ࡢߚ − ࡢߚࡢߚ ි ࡢߚ(ޮ ޮ− ޱ)ࡢߚ Introduciamo ora il tensore delle grandi deformazioni ޭ: ޭ ි Ϲ Ϻ(ޮ ޮ− ޱ) allora: ࡢ′− ࡢි Ϻ ࡢߚ ޭ ࡢߚ Proviamo a riscrivere il tensore ޭ utilizzando la definizione del gradiente di deformazione ޮ: ޭ ි Ϲ Ϻ((ޱ+ ࡸߕ ࡸߚ (ޱ+ ࡸߕ ࡸߚ − ޱ)ි Ϲ Ϻ(ޱ− ޱ+ ࡸߕ ࡸߚ + ࡸߕ ࡸߚ + ࡸߕ ࡸߚ ࡸߕ ࡸߚ ි Ϲ Ϻ(ߕౢɧౣ+ ߕౣɧౢ+ ߕɧౢߕɧౣ) Da cui, t rascurando le deformazioni di ordine infinitesim o maggiore , otteniamo il tensore delle piccole deformazioni ࡹ: ࡹි Ϲ Ϻ(ߕౢɧౣ+ ߕౣɧౢ)ි Ϲ Ϻ(ٕߕ+ ٕߕ) Tale risultato viene anche chiamato legame di compatibilità o di am missibilità cinematica . Sulla diagonale del tensore delle piccole deformazioni abbiamo le componenti che descrivono l o stiramento di una fibra di lunghezza infinitesim a nella configurazione parallela all ’asse ߋ-esimo ; infatti, gua rdando alla variazione di volume: ࡹ౯౨ ි ߆ߘ′− ߆ߘ ߆ߘ ි ĜĚĉċċđĉ (ࡹ) Fuori diagonale, invece, risiedono le deformazioni geometriche dovute allo scorr imento angolare tra le fibre. Possiamo riscrivere il tensore delle piccole deformazioni come somma di una parte sferica e una deviatorica : ࡹි Ϲ ϻࡹ౯౨ ޱ+ ʥࡹ con ನ൧ൠ൝ che assume così il si gnificato di allungamento medio delle fibre . La parte sferica ࡹ౯౨ ޱ del tensore della deformazione è rappresentativa di uno stato di deformazione con scorrimenti angolari nulli e deformazioni estensionali uniformi in tutte le direzioni, che non producono variazioni di forma ma solo variazioni di volume. La parte deviatorica della deformazione ʥࡹි ࡹ − < ࡹ>, detta deformazione distorcente, è associata invece ad uno stato deformativo che non provoca variazione di volume, ma solo variazione di forma.