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Biomedical Engineering - Bioingegneria del Sistema Motoria
10 - Modelli sistemi di controllo
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1 Modelli dei meccanismi di controllo motorio L’individuo è in grado idealmente di controllare qualunque variabile connessa al movimento: angoli articolari, momenti (forze), velocità, accuratezza, ecc…Nonostante siano state studiate le relazioni tra singole variabili biomeccaniche ed alcuni segnali nervosi registrabili a diversi livelli, sembra improbabile che i livelli elevati del sistema di controllo motorio si occupino di regolare direttamente questi segnali. Si presuppone quindi che esista una variabile non ben definita ad un certo livello gerarchico in grado di rappresentare il comando motorio in modo globale, e i cui cambiamenti temporali siano controllati dai centri superiori per una grande varietà di compiti motori. Questa variabile dovrebbe essere in tesa come un segnale fornito da un livello superiore del sistema di controllo motorio ad un altro (o all’apparato’esecutore’) indipendentemente dalle condizioni correnti, che spesso dipendono da fattori esterni, imprevedibili. Alcuni esperimenti condotti s ull’uomo in condizioni fisiologiche sono particolarmente significativi a questo riguardo (Feldman, 1966). Si chiede ad un soggetto di mantenere una posizione statica costante di una articolazione, e si applica una variazione inaspettata del carico esterno: la posizione cambia. Perciò il comando centrale motorio del soggetto non codifica la posizione stessa, ma piuttosto codifica qualcosa di diverso, che implica la posizione in relazione alle condizioni esterne. Cos’è questo qualcosa? Bernstein (1926, 1935) è tra i primi a guardare al sistema nervoso centrale come ad una scatola nera, con una struttura interna virtualmente sconosciuta che controlla un apparato effettore composto da molti collegamenti e gradi di libertà. Il suo approccio è quello di analizza re la relazione tra input e output. L’input viene modulato impartendo diverse istruzioni al soggetto, o cambiando le condizioni periferiche in cui si svolge il compito motorio, o entrambe le cose; l’output viene monitorato in termini di cinematica del movi mento. Le conclusioni sono le seguenti: 1) Il sistema di controllo deve essere rappresentato da una gerarchia a molti livelli 2) Ci devono essere anelli di retroazione che connettono i livelli inferiori con quelli superiori per accordare i comandi discendenti 3) Inevitabilmente i ritardi temporali negli anelli di retroazione richiedono di combinare opportunamente lo schema feed -back con lo schema feed -forward (predittivo, ad anell o aperto) 4) Il numero di gradi di libertà in un sistema motorio (inteso come numero di variabili da controllare) è sempre eccessivo, ed il processo di controllo deve superare le ambiguità causate dalla ridondanza di questi gradi di libertà Sinteticamente im maginiamo di ridurre il numero di livelli dello schema gerarchico a tre soli, che sono quelli per ora necessari a spiegare una serie di osservazioni sperimentali (Fig.1): Fig.1) Schema tentativo del controllo motorio volontario in tre livelli gerarchici 2 Decision making (presa di decisioni): produzione di comandi motori centrali volontari (non necessariamente coscenti! Non necessariamente localizzati sopraspinalmente). Rice ve informazioni propriocettive anche da altre sorgenti (visiva, uditiva, ecc…) e genera segnali discendenti diretti al livello intermedio dipendenti dal tipo di compito motorio, dalla volontà, dalla memoria. Come descrivere questi segnali dato che le uniche misure ottenibili sono relative alle caratteristiche dell’output? Decision execution (esecuzione delle decisioni): combina due importanti funzioni , l’esecuzione del m ovimento e l’informazione ai livelli superiori dell’andamento del movimento e dei cambiamenti delle condizioni esterne. Queste sono funzioni strettamente connesse, anche in termini di recettori, percorsi sensoriali, connessioni centrali Decision p rocessing (elaborazione delle decisioni): è il livello di maggiore interesse in questo contesto. Quello superiore infatti possiamo ritenerlo al di sopra delle nostre capacità di indagine, quello inferiore è più accessibile alle misurazioni dirette e appare relativa mente più semplice (anche se non ancora completamente compreso). Il livello intermedio, che non dobbiamo pensare di localizzare anatomicamente, assume su di se la responsabilità dell’interpretazione corretta dei comandi discendenti e della loro elaborazion e in modo che il livello di esecuzione possa comandare appropriatamente gli angoli e i momenti articolari. Pur rifuggendo dalla tentazione della localizzazione, possiamo schematicamente assumere per i tre livelli indicati la seguente corrispondenza (Fig.2 ): Livello 1 Homunculus (strutture sopraspinali, gangli della base, cervelletto, aree corticali pre -motorie e motorie, ecc…) Livello 2 Interneuroni (nuclei int raspinali, neuroni sensoriali e motori alfa, gamma) Livello 3 Attuatori muscola ri, leve ossee, articolazioni, recettori, carichi esterni Sulla base dell’approccio di Bernstein, e particolarmente sulla sua rielaborazione pubblicata nel 1967 (in russo, poi tradotta in inglese nel 1971) si è sviluppata la teoria del punto di equilibrio (equilibrium point hypothesis), o modello lambda ( ). In particolare questo modello è stato sviluppato e indagato da Feldman negli anni 60, e fa parte della classe di modelli del comportamento muscolare cosiddetti ‘Hill -type models ’. Fig.2) Tentativo di apertura delle scato le nere: diversi anelli di retroazione tra i diversi livelli. L’approccio a scatola nera permette di descrivere il funzionamento del sistema mediante un numero molto minore di parametri rispetto al numero dei circuiti coinvolti 3 Proprietà ‘simil -molla’ del muscolo I modelli che tendono a rispecchiare le proprietà funzionali del muscolo isolato sono numerosi, e ciascuno riv olto a particolari aspetti, e presentano diversi gradi di complessità. Uno dei più semplici è composto da un elemento elastico in parallelo ad un elemento viscoso e ad una unità contrattile, oltre ad un elemento elastico di connessione con l’esterno (tendi ne), che costituisce la cosiddetta elasticità in serie. Un muscolo passivo (de -afferentato) produce una forza di resistenza all’allungamento solo quando supera una certa lunghezza, detta ‘di riposo’, e i n questa condizione mostra un tipo di elasticità non lineare, con costante elastica (stiffness) progressivamente crescente. Stimolando elettricamente le fibre nervose collegate al muscolo, e variando la frequenza di stimolazione, si possono ottenere forze di contrazione anche per lunghezze inferiori a quella di riposo. Se poi si stira lentamente il muscolo la forza ottenuta con un certo livello di stimolazione elettrica aumenta progressivamente, dando luogo alla famiglia di curve di Fig. 4. Fig. 3) Esempio di modello di muscolo isolato Fig. 4) F amiglia di curve Forza -Lunghezza ottenute dal muscolo Soleo del gatto con diversi livelli di stimolazione elettrica 4 Osservando la loro morfologia, simile per bassi livelli di forza, si può interpretare l’effetto della stimolazione e del suo aumento di in tensità (frequenza) come uno spostamento a sinistra delle curve. La loro pendenza (stiffness) , per valori simili di forza, non è molto diversa. Un passo ulteriore consiste nel considerare il comportamento del muscolo innervato, quando cioè sono attivi i v ari riflessi e le risposte motorie. Definiamo riflesso fasico il riflesso caratterizzato da una rapida dinamica, vale a dire, attivato da una variazione ‘rapida’ del livello dello stimolo specifico per un recettore, da una risposta in tempo breve a livello di attività muscolare, che si manifesta come twitch (impulso), o serie di twitches. I riflessi monosinaptici e oligosinaptici sono generalmente di questo tipo. Un riflesso tonico , invece, è legato al livello dello stimolo, e porta generalmente a contrazi oni muscolari sostenute nel tempo e a movimenti relativamente morbidi. Questi riflessi sono sempre polisinaptici. Va considerato che anche una successione di stimoli che inducono riflessi monosinaptici può portare a una contrazione muscolare ‘morbida’, per effetto della sovrapposizione di successivi twitches di contrazione. Vanno quindi considerati separatamente il concetto di riflesso tonico da quello di contrazione tonica. Per esempio, l’attività dei fusi neuromuscolari può produrre entrambi i tipi di rif lesso. Se un muscolo è stirato rapidamente si possono osservare sia riflessi monosinaptici che oligosinaptici; se il muscolo è mantenuto a una lunghezza finale stirata, questi riflessi fasici scompaiono. Comunque, se il muscolo era attivo prima dello stira mento, è possibile registrare il cambiamento tonico dell’attività muscolare nel tempo successivo al termine dello stiramento, corrispondente al nuovo stato raggiunto. Questo meccanismo è denominato riflesso tonico da stiramento , in contrasto con il rifless o fasico , che è quello monosinaptico. Va comunque considerato che anche i percorsi monosinaptici possono concorrere al riflesso tonico da stiramento, dato che le fibre Ia sono sensibili sia alla velocità di stiramento che alla lunghezza. Semplicemente il r iflesso fasico emerge quando la velocità è elevata, al di sopra di una certa soglia; quando tale soglia non è raggiunta appare solo il riflesso tonico. 5 Esperimenti su animali lesionati : strutture nervose superiori vengono separate da quelle inferiori a diversi livelli del midollo spinale; viene stimolata elettricamente la porzione distale del midollo; un muscolo innervato viene staccato dall’osso ad una estremità e connesso ad un sistema che permette di imporre diversi valori di allungamento, e di misura re sia tale spostamento sia la forza corrispondente. I risultati si possono così riassumere: ad un predefinito livello di stimolazione la forza cresce lentamente al crescere della lunghezza per bassi valori di allungamento, e poi il muscolo inizia ad opporsi attivamente ad ulteriori allungamenti, per effetto dell’aumentata attività autogenetica dei neuroni alfa (Fig.8 ). Fig.8 ) Curve Forza -Lunghezza per il muscolo innervato e stimolazione elettrica in punti diversi di formazioni sopraspinali (ND= Nucleo Dentato; NDc= Nucleo Dentato Caudale ; MRF=Formazione reticolata Mesencefalica; PYR= nucleo Piriforme) La stiffness (rapporto tra variazione di forza e variazione di lunghezza) sale drasticamente. Variazioni del segnale discendente di stimolazione producono spostamenti quasi paralleli delle curve lungo l’as se delle ascisse. La spiegazione data dai vari autori a questo fenomeno utilizza la nozione di riflesso tonico da stiramento. Le curve Forza -Lunghezza ottenute sperimentalmente in queste condizioni prendono il nome di ‘caratteristiche invarianti’ (Feldman , 1966, 1974). La lunghezza alla quale inizia il reclutamento autogenetico dei motoneuroni alfa viene chiamato: soglia del riflesso tonico da stiramento, . Questo parametro si è dimostrato estremamente importante in quanto appare essere l’unico parametro della caratteristica forza -lunghezza del muscolo innervato necessario per descrivere l’effetto del segnale discendente. Questo semplifica notevolmente la descrizione del controllo discendente sul muscolo intatto, riportandolo a quello di una semplice molla (monoparametrica), con punto di equilibrio variabile. Funzioni del Riflesso Tonico da Stiramento Da un certo punto di vista il riflesso tonico da stiramento può essere considerato un meccanismo che produce la forma osservata della curva caratteristica fo rza -lunghezza nel muscolo innervato, compensando la variabilità delle proprietà meccaniche del muscolo. Infatti la stiffness di un muscolo intatto è il risultato di almeno due fattori: le proprietà meccaniche del muscolo isolato e il contributo degli anel li di retroazione neuronale. Anche se la variabilità di questi due componenti è 6 relativamente alta, la loro azione combinata porta ad una caratteristica forza -lunghezza dall’andamento abbastanza morbido, con un range limitato di variazioni di stiffness tot ale. Si può anche osservare che i riflessi muscolari, comprendenti anche il riflesso tonico da stiramento, portano ad una compensazione del cedimento di forza all’aumentare dell’allungamento, e perciò a una linearizzazione delle proprietà meccaniche non li neari del muscolo isolato. Esperimenti sull’uomo Nell’uomo non si possono condurre esperimenti del tipo sopra descritto. Le variabili da analizzare sono ora: momento articolare verso angolo articolare. Ciascuna articolazione è in genere controllata da almeno una coppia di muscoli, detti agonisti e antagonisti in relazione ad una certa direzione di movimento. Generalmente ci sono numerosi muscoli agonisti e antagonisti; inoltre il comando motorio discendente dai centri sopraspinali non è rilevabile dall’ esterno. Gli esperimenti di Feldman (Asatryan&Feldman, 1965, Feldman 1966) affrontano il problema nel seguente modo: Al soggetto viene chiesto di mantenere una certa posizione opponendosi ad un carico ap plicato dall’esterno (per esempio un peso che tende a flettere o a estendere il gomito). Si invita inoltre il soggetto a non intervenire volontariamente quando il carico applicato verrà variato bruscamente. Infine si riduce bruscamente il carico e si misu ra, dopo un certo tempo di assestamento, la posizione angolare assunta dal soggetto (angolo del gomito) nella nuova situazione di carico. L’operazione viene ripetuta più volte fino a portare progressivamente il carico esterno a zero. In questo modo di procedere si assume che il soggetto, una volta definita la posizione di partenza, invii al sistema di elaborazione delle decisioni un certo comando motorio che si mantiene poi inalterato nelle successive situazioni di carico. Fig. 9 : schema dell’esperimento di Feldman 7 Fig. 10) Curve cara tteristiche invarianti per i flessori (curve superiori) e per gli estensori (curve inferiori) ottenute con il metodo della riduzione di carico al gomito ed il comando di non intervenire volontariamente Per imporre al soggetto di inviare un comando motor io diverso, si definisce una nuova posizione di partenza, caratterizzata da un valore angolare diverso per uno stesso valore di carico esterno (approssimativamente). La sequenza delle variazioni del carico viene poi ripetuta come nel caso precedente. Così di seguito si ottengono le curve di Fig. 10 La linea a tratti mostra la curva caratteristica di un muscolo passivo in assenza del reclutamento alfa. Le linee solide corrispondono all’interpolazione dei punti sperimentali ottenuti mediante riduzione del cari co sui flessori (parte superiore) e sugli estensori (parte inferiore), partendo da differenti posizioni. L’andamento di queste curve caratteristiche ricorda quello ottenuto negli esperimenti su animali e attribuito al riflesso tonico da stiramento, quindi si può ipotizzare che anche nell’uomo un meccanismo dello stesso tipo (seppure non riferibile ad un particolare circuito neuronale) sia presente, e possa genericamente essere nominato allo stesso modo: riflesso tonico da stiramento. 8 L’esperimento sopra descritto è stato poi riprodotto da diversi autori, con modalità diverse, ed ha confermato l’esistenza di curve caratteristiche invarianti che non si intersecano, e che si possono interpretare come corrispondenti a diversi livelli di comando motorio discendente. Si può anche immaginare che un solo parametro, assumendo valori diversi, possa descrivere l’intera famiglia di curve. Lo stesso comando motorio discendente potrebbe perciò essere rappresentato in termini quantitativi da questo parametro. Quest o concetto, della descrizione monoparametrica del comando motorio discendente, che ovviamente prescinde dalle reali connessioni nervose e dalle innumerevoli interazioni tra circuiti neurali, è presente in diverse teorie del controllo motorio. A seconda del parametro che si considera si parla di teoria del controllo gamma ( ), alfa ( ), o lambda ( ). Ipotesi di controllo motorio a servo meccanismo di Merton (teoria del controllo ) Si basa sull’idea del riflesso da stiramento come di un meccanismo per la re golazione della lunghezza muscolare. I segnali delle fibre sono in grado di regolare la sensibilità dei recettori di lunghezza e anche di definire la lunghezza alla quale far intervenire l’arco riflesso. S econdo questa visione, variazi oni del carico este rno tendenti ad allungare il muscolo farebbero immediatamente variare il livello di attività dei recettori , e quindi, per effetto del circuito riflesso da stiramento, porterebbero ad una variazione del livello di attività dei neuroni . Ciò comporterebbe u na variazione della forza contrattile del muscolo che compenserebbe la variazione di lunghezza indotta dalla variazione del carico esterno. Originariamente la teoria di Merton (1953) era basata sull a componente fasica dell’azione delle afferenze Ia sui mot oneuroni omonimi. Più tardi tale meccanismo fu ripreso da altri autori che presero in considerazione anche la componente tonica del riflesso. In una rappresentazione della relazione Forza -Lunghezza il modello di Merton darebbe luogo a curve caratteristic he pressocchè verticali. L’ipotesi del servo meccanismo prevederebbe perciò dei valori di stiffness estremamente elevati, ed un guadagno del riflesso tonico da stiramento molto elevato. Gli esperimenti su animali decerebrati, nei quali il riflesso da stiramento è particolarmente accentuato, non hanno dato valori sufficientemente elevati da dimostrare questa ipotesi. Quindi il riflesso tonico da stiramento non sembra essere finalizzato al mantenimento della postura. Il Fig. 11 ) Illustrazione del modello di Merton (o del controllo ) 9 modello di Merton, peraltro, riconosce l’importanza del sistema di modulazione gamma, che permette di variare la soglia e la sensibilità dei recettori muscolari alla variazione di lunghezza, permettendo quindi di spostare e inclinare in modo diverso le curve caratteristiche. Secondo tale modello il comando motorio centrale inizierebbe il movimento agendo sui motoneuroni gamma, spostando la soglia di attivazione del meccanismo di compensazione del carico, e programmando una nu ova posizione. Tale ipotesi non ha trovato una conferma sperimentale, però ha aperto la possibilità che un meccanismo simile, basato sempre sul comportamento simil -molla del muscolo, e perciò sul controllo dei parametri della molla, possa essere utilizzat o per il controllo del movimento. Il modello alfa (Bizzi et al, 1976…) Si basa sull’idea che il comando motorio centrale sia in grado di fissare, per un certo muscolo, un determinato livello di attivazione dei motoneuroni (Fig.12 ). Tale sistema mostra proprietà simil - molla perché variazioni di carico portano a spostamenti d i lunghezza muscolare lungo una curva caratteristica forza -lunghezza predefinita, appartenente ad una famiglia di curve. Tutte le curve originano dal punto a lunghezza di riposo L 0, ed hanno pendenze dipendenti dal livello di attivazione. Questo modello può ben rappresentare il comportamento del muscolo deafferentato, dato che non incorpora la possibilità di un effetto di retroazione da parte dei propriocettori sugli motoneuroni, però alcune considerazioni portano a rifiutarlo come modello di controllo motorio nel muscolo innervato. Già Bernstein (1935) aveva sostenuto l’impossibilità teorica di controllare indipendentemente il livello dell’attività , tenendo conto dei molteplici circuiti di retroazione caratterizzati da ritardi diversi. Altri studi han no dimostrato variazioni nel livello di eccitazione autogenetica (o dell’elettromiogramma) conseguenti a variazioni del carico esterno applicato sia in esperimenti su animali sia sull’uomo, mediante il paradigma del ‘non intervenire volontariamente’. Ino ltre, il fatto che tutte le curve partano dallo stesso punto implica che al variare del carico richiesto per una certa lunghezza, vari contemporaneamente la stiffness del muscolo. Per valori di carico molto piccolo, la stiffness sarebbe molto piccola per l unghezze elevate, e molto alta per lunghezze prossime a Lo. Inoltre piccole variazioni di comando motorio avrebbero effetto di spostamento molto grande ; paradossalmente i n queste condizioni il movimento sarebbe poco controllabile . Fig.12 ) Illustrazione del modello di Bizzi, (o modello ) 10 Dal punto di vista sperim entale occorre dire che non è semplice determinare se veramente le curve partono da un punto solo o da punti diversi, e d’altra parte, in animali deafferentati, l’unica possibilità di controllo da parte del sistema nervoso centrale è quella del comando dir etto . Non si può in questi casi osservare l’effetto del riflesso tonico da stiramento perché lo stesso è stato eliminato dallo sperimentatore. Il modello Lambda ( ) Si basa su una serie di osservazioni sperimentali e di considerazioni che riguardano s ia le curve caratteristiche forza -lunghezza di singoli muscoli innervati ottenute su animali, sia le curve caratteristiche momento -angolo ottenute da varie articolazion i nell’uomo. L’osservazione più significativa è la mancanza di intersezione delle curve registrate a diversi valori di comando discendente motorio. Queste curve sono denominate caratteristiche invarianti. Sebbene non sia possibile verificare che il comando motorio discendente sia effettivamente costante durante l’ottenimento di una curva cara tteristica, come invece avviene nell’animale decerebrato stimolato elettricamente, i risultati stessi con la loro riproducibilità supportano questa ipotesi. Le curve appaiono traslate lungo l’asse delle ascisse, e suggeriscono quindi che si possano identif icare mediante un solo parametro: il valore di soglia del riflesso tonico da stiramento. Questo corrisponde alla lunghezza alla quale inizia il reclutamento autogenetico degli motoneuroni durante uno stiramento muscolare relativamente lento. Di fatto, dato che le curve caratteristiche invarianti ottenute sperimentalmente comprendono il contributo di componenti attive e passive, il parametro verrà definito come il punto di apprezzabile scostamento della curva rilevata dalla curva passiva dello stesso m uscolo. La Figura 13 rappresenta il modello Lambda Il comando centrale motorio definisce il valore di soglia del riflesso tonico da stiramento ( identificando in tal modo una particolare curva caratteristica forza -lunghezza. L’attuale lunghezza del muscolo dipenderà dall’interazione tra forza muscolare e carico esterno. Se rappresentiamo quest’ultimo sullo stesso piano, possiamo avere i seguenti ca si emblematici: 1) carico esterno isotonico rappresentato da una linea orizzontale (L1) 2) carico esterno isometrico rappresentato da una linea verticale (L2) 3) carico esterno dipendente linearmente dalla posizione (esempio di una molla di trazione esterna, linea L3)) Il punto di intersezione tra la curva rappresentante il carico esterno e la curva caratteristica invariante del muscolo determina la lunghezza del muscolo alla quale forza esterna ed interna si Fig. 13) Illustrazione del modello di Feldman (o modello 11 equivalgono, e viene detto punto di equilibrio. La trasl azione orizzontale della curva caratteristica invariante comporta, a parità di carico esterno, un cambiamento del punto di equilibrio, e perciò diversi valori di forza e/o lunghezza muscolare (Fig. 1 3). Viceversa, una variazione del carico esterno, a parità di curva invariante caratteristica, cioè comando motorio invariato, porterà ad un differente punto di equilibrio caratterizzato da una diversa lunghezza muscolare. Prescindiamo in questa trattazione dal considerare gli aspetti temporali nel raggiung imento del nuovo punto di equilibrio, ma è chiaro che ci stiamo riferendo a variazioni relativamente lente. Del resto è intuitivo che il cambiamento del comando motorio che determina la scelta di una nuova curva caratteristica invariante possa essere molto rapido in relazione al tempo necessario al sistema meccanico per raggiungere il nuovo punto di equilibrio, e anche la variazione di carico, a parità di comando motorio discendente, produrrà una variazione del punto di equilibrio con un tempo che dipenderà dalle caratteristiche inerziali e viscose degli elementi connessi all’articolazione in esame. Se consideriamo una coppia di muscoli antagonisti che controllano un’articolazione, il loro comando centrale motorio può essere descritto mediante una coppia di variabili corrispondenti ai valori di lambda dei due muscoli, espressi in questo caso in termini di angolo articolare. Chiamiamo fl quello del flessore (agonista), e ext quello dell’estensore (antagonista). La caratteristica Momento -Angolo di una coppia di muscoli è rappresentata in Fig. 1 4. E’ da notare che l’attivazione dell’antagonista porta allo sviluppo di un momento contrario a quel lo sviluppato dall’agonista, e quindi a produrre un movimento in senso opposto. Ciò è rappresentato nella figura dalla curva capovolta relativa al muscolo estensore. La parte superiore della figura mostra una coppia di caratteristiche invarianti per le qua li ciascun muscolo è attivato separatemente (per valori a destra di fl il flessore, e per valori a sinistra di ext l’estensore) oppure nessuno dei due è attivato (angoli compresi tra ext e fl ). Nel grafico inferiore, entrambi i muscoli possono essere attivati simultaneamente (a lunghezze comprese tra fl e ext ). Il comportamento meccanico dell’articolazione sarà definito dalla somma algebrica delle due caratteristiche invarianti, ed il punto di equilibrio deriverà dalla caratteristica del carico este rno. Nel tratto in cui entrambi i muscoli sono attivati, la caratteristica invariante risultante all’articolazione può essere spostata lungo l’asse delle ascisse mediante uno spostamento di fl e ext nello stesso verso. Grazie all’andamento non lineare d elle due curve, anche la pendenza (stiffness) della caratteristica invariante all’articolazione può essere modificata, e ciò mediante uno spostamento di fl e ext in Fig.1 4) Curva caratteristica invariante risultante ad una articolazione dall’azione di due muscoli antagonisti 12 direzioni opposte. La Fig.1 5 illustra l’effetto di uno spostamento concorde e discorde de i due valori di . Il controllo motorio centrale di una articolazione può perciò essere descritto mediante due variabili che vengono associate rispettivamente ai concetti di attivazione reciproca e di coattivazione: r = 1/2 (fl + ext) rappresenta un comando di attivazione reciproca, secondo il quale il punto di intersezione con l’asse delle ascisse della curva caratteristica invariante dell’articolazione viene spostato a destra o a sinistra, con conseguente aumento di attivazione di u n muscolo e riduzione di attivazione dell’altro c = 1/2 (fl - ext) rappresenta un comando di coattivazione dei muscoli antagonisti, secondo il quale la pendenza della curva invariante caratteristica risultante viene fatta variare, senza cambiamento del punto di intersezione con l’asse delle ascisse. Ciò corrisponde ad un aumento o una diminuzione di attività di entrambi i muscoli. Le coppie di variabili ( fl , ext ) e ( r, c ) sono assolutamente equivalenti dal punto di vista operativo. La seconda pera ltro ha maggiore attinenza con la dimostrata esistenza di due popolazioni di cellule della corteccia motoria in grado rispettivamente: l’una di produrre il movimento di una articolazione, l’altra di modificarne la stiffness mediante co -contrazione dei musc oli antagonisti. Il modello fornisce una descrizione sintetica di una serie di complessi meccanismi che sono coinvolti nel controllo motorio di una articolazione. Esso, attribuendo al riflesso tonico da stiramento la morfologia delle curve invarianti ca ratteristiche del muscolo, tiene conto implicitamente della presenza dei molteplici circuiti riflessi che influenzano l’attività dei vari neuroni gamma, alfa, e interneuroni. Il modello non attribuisce rilevanza specifica ad alcuno dei meccanismi singoli s tudiati separatamente, e non cerca una localizzazione dell’effetto complessivo risultante. Per esempio esso considera che non solo i propriocettori muscolari, ma anche quelli articolari e cutanei possano concorrere a definire il riflesso tonico da stiramen to e quindi la forma delle curve caratteristiche invarianti. D’altra parte non si deve supporre che tutte le manifestazioni del sistema di controllo motorio si possano ricondurre all’unico riflesso tonico da stiramento. Esistono evidenze sperimentali che n on sono riconducibili a questo modello. Una estensione dei concetti sopra esposti spiega però alcune interessanti proprietà del comportamento motorio anche in condizioni dinamiche e in risposta a vari tipi di perturbazioni. Fig.15) Effetto di variazioni concordi e discordi delle soglie di attivazione del riflesso tonico da stiramento dei flessori fl e degli estensori ext